
L’impatto ambientale sul pianeta visto dai ragazzi
Nell’ultimo report di Greenpeace si mette in luce il legame tra fast fashion e inquinamento. Quello dello smaltimento dei rifiuti tessili è un enorme problema aggravato dall’avvento della moda veloce. Nel deserto di Atacama in Cile e ad Accra, in Ghana, continuano ad accumularsi montagne di capi invenduti e usati, provenienti soprattutto da Stati Uniti ed Europa. Per eliminarli, vengono quasi sempre bruciati, con notevoli emissioni di sostanze inquinanti. Gli abiti arrivano in Cile al porto di Iquique, dove lavorano più di 50 importatori di abiti di seconda mano. I vestiti vengono selezionati per poter essere rivenduti in altri Paesi, ma una quantità corrispondente a circa 40mila tonnellate all’anno, finisce nelle discariche a cielo aperto. Inquinamento su inquinamento. Inoltre Greenpeace ha rivelato livelli preoccupanti di sostanze inquinanti e cancerogene all’interno degli abiti che indossiamo: nel 90% dei capi analizzati hanno trovato fibre sintetiche contenenti microplastiche, che stanno trasformando le coste in vere e proprie "spiagge di plastica". L’impatto ambientale a livello globale del settore è così esteso che la Banca Mondiale ha stimato che entro il 2050 il totale dei rifiuti prodotti ammonterà a 3-4 miliardi di tonnellate all’anno, contro i 2,01 miliardi del 2016. Noi possiamo fare qualcosa, partendo da acquisti consapevoli.