LISA CIARDI
Cronaca

Distretto paglia, tanto di cappello: "Momento difficile, ma ripartiamo"

La sfida di Franco Frasconi, neopresidente del Consorzio: "La nostra forza è quella di fare rete"

Distretto paglia, tanto di cappello: "Momento difficile, ma ripartiamo"

Franco Frasconi, 37 anni, campigiano, è stato eletto presidente del Consorzio

"Il momento è difficile, ma continuiamo a lavorare per far conoscere il distretto, la sua storia, il nostro saper fare". Sono le parole di Franco Frasconi, 37 anni, campigiano, titolare insieme alla sorella Francesca della Angiolo Frasconi Srl (creata dal nonno e poi passata al padre Alessandro), appena eletto presidente del Consorzio "Il Cappello di Firenze", nato nel 1986 per riunire le aziende specializzate nella realizzazione di cappelli (di paglia, ma non solo). Franco succede ad Alessio Marzi, che è riuscito a traghettare il Consorzio attraverso il periodo difficilissimo del Covid e dell’alluvione che ha colpito la Piana.

Quali sono le sfide per i prossimi anni?

"Il comparto sta attraversando una fase complessa, iniziata nel 2008, con i primi segni di crisi. Poi ci sono stati il Covid, l’inflazione e le guerre. Molti mercati si sono fermati, come quello cinese, altri sono inaccessibili, come la Russia e l’Ucraina. Nonostante questo non ci perdiamo d’animo. Anzi, intendiamo lavorare per far apprezzare sempre più la nostra realtà".

Quante aziende fanno parte del Consorzio?

"Attualmente siamo dieci, fra Signa, dove la lavorazione della paglia è nata, Campi Bisenzio e Firenze: Angiolo Frasconi, Grevi, Marzi, R-Group, Reali, Memar, Raffaello Bettini, Caterina Bertini, Tesi, Inverni. In alcuni casi si tratta di aziende con una storia lunghissima, che va avanti dall’Ottocento. Ma registriamo anche la nascita di nuove realtà, che invitiamo ad avvicinarsi al Consorzio".

Qual è il valore aggiunto del distretto?

"La possibilità di fare rete e di offrire al cliente una varietà e una ricchezza uniche. È un valore che anche le grandi griffe apprezzano e che vogliamo far conoscere ancora meglio".

In che modo?

"A Signa abbiamo contribuito a creare il nuovo museo della paglia, che racconta la nostra storia. Per il futuro vorrei rafforzare il rapporto con le istituzioni e far loro capire che il distretto è pressoché unico a livello mondiale, visto che qualcosa di simile esiste solo nelle Marche. Le nostre aziende danno lavoro a circa 200 persone, che superano le 400 con l’indotto, tramandando un saper fare antichissimo e coniugandolo con l’innovazione. Vorrei che arrivassimo ad avere un Consorzio e un museo conosciuti diffusamente fra le persone, gli studenti degli istituti di moda e le istituzioni".

La lavorazione del cappello di paglia, che ha determinato buona parte della fortuna economica della Piana fiorentina, è nata a Signa dall’intuizione di Domenico Michelacci che, nel 1718, pensò di utilizzare il grano non per ricavarne farina, ma paglia e quindi trecce e cappelli. Mettere il cibo in secondo piano rispetto a un accessorio di moda rappresentò una sorta di rivoluzione industriale che, in pochi anni, trasformò centinaia di contadini in artigiani prima e industriali poi. Una scelta che segnò la storia, l’urbanistica e la geografia di interi territori e che, ancora oggi, rende la Piana un’eccellenza mondiale.