FIRENZE
Nessuna svolta dall’esame del dna: i resti riesumati lo scorso settembre dal cimitero di Montelupo appartengono a Francesco Vinci. Lo certificano i risultati della consulenza depositata ieri.
Vinci, negli anni 80, fu uno dei sospettati di essere il mostro di Firenze nell’ambito della cosiddetta “pista sarda“ legata all’uccisione di una coppia nell’estate del 1968 a Signa: venne arrestato con questa accusa nell’estate del 1982, dopo il duplice omicidio di Baccaiano, ma "scagionato" da un successivo delitto, quello di Giogoli del 1983, avvenuto mentre lui si trovava in carcere sempre con la medesima pistola, una calibro 22 mai ritrovata. Nel 1993, il sardo venne trovato morto incaprettato e carbonizzato, in un’auto nei boschi di Chianni.
Era stata la vedova di Vinci, Vitalia Melis, a nutrire dei dubbi sulla fine dell’ex marito. Il sospetto è che fosse stata inscenata la sua morte. L’agenzia investigativa Falco di Lucca, a cui si era rivolta la Melis, aveva così sollecitato la riesumazione, ordinata poi dalla procura.
Gli accertamenti, condotti dal medico legale Martina Focardi e dal genetista Ugo Ricci e, per conto della moglie, il genetista forense Eugenio D’Orio e il medico legale Aldo Allegrini.
"Il risultato diffuso non lascia perplessità: si tratta con certezza del corpo di Francesco Vinci - commenta il detective Davide Cannella, titolare della Falco -. Ma certo non spiega il perché di una fine così orribile e cruenta di uno dei personaggi cardine nella ricerca dell’identità del Mostro, che forse, visto il trascorrere degli anni, rimarrà sconosciuta".