REDAZIONE FIRENZE

Don Corso e La Pira. I giorni del ricordo

Domenica saranno passati tre anni dalla morte di don Corso Guicciardini e la sua Madonnina del Grappa intende ricordarlo come merita in una serie d’iniziative che iniziano domani alle 16. Il primo appuntamento è la cerimonia di intitolazione di Via don Corso Guicciardini, davanti alla struttura di Casa Caciolle (numero 5 dell’omonima via) nel tratto viario che, da domani, porterà ufficialmente il suo nome. Al termine dell’inaugurazione, l’evento proseguirà nella sala convegni dell’Opera Madonnina del Grappa, in via don Giulio Facibeni 13, dove si svolgerà l’incontro di riflessione “Don Corso e La Pira: i poveri al centro della vita cristiana. Una lezione di fede e di politica“, con l’intervento di Patrizia Giunti, presidente della Fondazione La Pira, e dom Alessandro Barban, priore generale dei Camaldolesi dell’Ordine di San Benedetto, moderati da Federico Pagliai. Don Corso, prima di arrendersi al torpore dell’insufficienza respiratoria da Covid, tre anni fa, ha avuto il tempo di dire e ripetere a tutti: "Non abbiate paura di amare", come non si stancano di ricordare i suoi sacerdoti. Il successore di don Giulio Facibeni ha avuto un’esistenza terrena lunga 96 anni, spesa nel tentativo di “passare dalla cruna dell’ago“, rinunciando alle agiatezze delle origini nel casato Guicciardini Corsi Salviati per dedicarsi ai poveri, ai diseredati, agli orfani. Un altro segno è che sia morto il 5 novembre, lo stesso giorno di Giorgio La Pira. Come il Sindaco Santo, fatto Venerabile da Papa Francesco allo stesso modo del cardinale Elia Dalla Costa e di don Facibeni, don Corso è andato a ricongiungersi ai grandi della Chiesa fiorentina del ’900, capaci di scelte radicali come il borghese don Milani e il nobile don Guicciardini.

Domenica alle 18, nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, celebrazione della Messa in memoria di don Corso e di Giorgio La Pira, presieduta dal cardinale arcivescovo Giuseppe Betori nell’anniversario della loro morte. "Abbiamo bisogno di andare incontro all’uomo, - ha lasciato scritto don Corso - noi stessi e poi gli altri, i più, che attendono spesso un gesto, un segno di amore per sopravvivere". Un pensiero diventato realtà.