
Firenze, Alessandro Pancani e Federico D'Onza studenti donatori di sangue
Firenze, 5 febbraio 2020 - A 18 anni hanno capito che donare il sangue significa donare vita. E che tutti lo possono fare. Anzi, lo devono fare. Soprattutto i giovani che hanno più tempo per donare e possono diventare esempio per tanti adulti “pigri”. Il lavoro di promozione della donazione di sangue che stanno svolgendo Alessandro Pancani e Federico D’Onza, entrambi studenti del liceo classico Galileo, nasce dall’entusiasmo giovanile, ma anche da quella caparbietà e quell’impegno che spesso i ragazzi della loro età sono tacciati di non avere. I loro risultati li stanno già ottenendo ci sono: già una cinquantina di 18 enni sono andati a donare il sangue al Meyer. Molti altri, sono sicuri, seguiranno il loro esempio. Alessandro, da dove nasce questo vostro impegno? “Da grande vorrei fare il medico e ho svolto l’alternanza scuola-lavoro agli ambulatori del Meyer. Ho incontrato piccoli pazienti seguiti da varie specializzazioni mediche e le loro famiglie. Ho conosciuto medici e infermieri. Parlando con quelli dell’oncoematologia, mi hanno spiegato l’importanza di avere a disposizione gli emocomponenti per molte terapie dei bambini. Ma mancano i donatori”.
Quindi hai deciso di donare? “Sì e ho coinvolto il mio amico Federico e insieme abbiamo deciso di spargere la voce. Tempo 24 ore, eravamo all’opera”.
Siete partiti dai vostri compagni? “Da quelli che hanno raggiunto la maggiore età, che in una scuola superiore nostra non sono molti. Abbiamo spiegato loro l’importanza della donazione e quanto sia fondamentale per un ospedale avere sangue ed emocomponenti a disposizione. Abbiamo coinvolto anche dei professori. Il feedback è stato subito molto positivo”.
Tutti hanno aderito immediatamente? “No. Ci siamo accorti di quante paure ci sono dietro alla donazione e quanti falsi miti girano tra le persone. C’è chi pensa di non poter donare perché è troppo giovane, perché fuma, per mille altri motivi, che poi si rivelano solo banali scuse senza fondamento”.
In quanti hanno già donato? “Siamo già stati in 25-26. Alcuni sono stati momentaneamente lasciati in stand by perché avevano l’influenza o magari hanno valori del sangue come l’emoglobina bassi. Altri ragazzi devono rinviare la donazione perché hanno cambiato partner da poco o si sono fatti un tatuaggio o un piercing di recente: dovranno aspettare qualche mese”.
Nella vostra promozione della donazione, ci sono anche dei risvolti importanti nella presa di coscienza della propria salute e dei propri comportamenti. “Alla nostra età è particolarmente importante. Gli stili di vita, le abitudini sessuali, le scelte personali, influiscono sulla possibilità di donare, ma ci portano a riflettere sulla nostra salute e di chi ci sta intorno. Donare in maniera regolare (i maschi possono farlo ogni tre mesi, le femmine ogni 6) permette anche di tenersi sotto controllo. Mi hanno raccontato al Meyer che durante l’esame preventivo per la donazione, in passato ad alcune persone è stato riscontrato l’Hiv. Non lo sapevano”.
E chi ha paura dell’ago? “Qualcuno dei ragazzi che ha donato, l’aveva. Ma si è fatto coraggio anche grazie alla condivisione dell’esperienza con altri amici. Superata la paura iniziale, poi è andato avanti volentieri, constatando che l’accettazione di un ago così piccolo (che tra l’altro non fa male, rispetto a quelli da puntura) può aiutare tante altre vite”.
Cinquanta ragazzi del Galileo dunque hanno aderito. Si ferma qui la vostra campagna? “Non ci pensiamo proprio! Stiamo già allargando i contatti coinvolgendo i nostri coetanei del Gramsci e quelli del Sassetti Peruzzi che hanno già chiesto ai loro insegnanti di organizzare un incontro con gli esperti del Meyer. C’è bisogno di sangue, ma anche di piastrine e di plasma. Non ci possiamo fermare! Stiamo anche pensando di mettere su un’associazione composta da giovani che divulgano l’importanza della donazione”.
Avete coinvolto anche gli adulti. Come mai secondo te mancano donatori? “Perché c’è ancora una mentalità dettata dalla pigrizia e dai falsi miti. Anche un mio parente pensava di non poterlo fare perché fuma. Gli ho dimostrato il contrario. Dovrebbero essere i grandi a dare l’esempio a noi giovani, no? Se non lo fanno, invertiamo i ruoli e li stimoliamo noi. A proposito: ma lei ha mai donato il sangue?”
Io… in realtà no. Ma ci ho sempre pensato. Però… “Però niente! Allora le fisso l’appuntamento per il primo incontro il giorno tale a quest’ora al Meyer. Dura pochi minuti, poi dopo 3-4 giorni le dicono se può tornare per la donazione vera e propria. Le va bene quella data? Se no ho quest’altra alternativa sul calendario. A quale la segno?” E anche io tra qualche giorno andrò a donare il sangue al Meyer, convinta da un 18 enne che per età potrebbe essere mio figlio, ma mi ha insegnato più di tanti genitori.