STEFANO BROGIONI
Cronaca

Odissea per una donna incinta: Tso illegittimo durante lo sfratto. Vince in Cassazione dopo 20 anni

Si oppose all’esecuzione perché si trovava in una gravidanza a rischio: dopo aver reagito agli agenti venne immobilizzata e sedata. Adesso la Suprema Corte le riconosce i danni

I fatti risalgono al 3 dicembre del 2004

I fatti risalgono al 3 dicembre del 2004

Firenze, 7 settembre 2024 – Fu un «abuso di tso», quello che venne fatto all’inquilina, in stato interessante, durante uno sfratto esecutivo. Lo ha stabilito la terza sezione civile della corte di Cassazione che ha accolto il ricorso della protagonista, assistita dall’avvocato Vittorio Amedeo François, contro un medico e l’Asl Toscana Centro, rimandando il fascicolo a nuova composizione della corte d’appello affinché si pronunci «anche sulle spese del giudizio di legittimità».

A causa del tso «fuorilegge», anche il feto, per via della somministrazione del calmante, forzata e contro la volontà della madre, avrebbe ricevuto danni. I fatti risalgono al 3 dicembre del 2004, nei pressi di Firenze: quel giorno, la forza pubblica ha il compito di eseguire lo sfratto ma la donna esibisce una certificazione del proprio ginecologo che le intima trenta giorni di riposo per minaccia di aborto.

Ma davanti alle insistenze nel procedere, la signora scoppia in lacrime, discute con i poliziotti presenti, sferra un calcio a un medico e scaglia contro i presenti un libro e una bottiglia d’acqua. Una reazione che suggerisce ai sanitari, che sono in contatto telefonico con il servizio psischiatrico di Borgo Ognissanti, di procedere a un trattamento sanitario obbligatorio: la donna, nonostante i suoi netti rifiuti, viene così immobilizzata e sedata.

Ma, una volta in ospedale, il Tso non viene convalidato. La donna resta tuttavia ricoverata perché in quel momento non ha altra sistemazione e anche perché le condizioni della gravidanza sono molto delicate, tanto che, alcune ore dopo, viene trasferita ad ostetricia. A distanza di vent’anni, i giudici della Suprema corte hanno bocciato l’operato dei sanitari: «Risulta incomprensibile - si legge nella sentenza - perché invece delle cure prescritte dal ginecologo, avrebbe dovuto ritenersi assolutamente necessario il descritto trattamento e il ricovero non nel reporto specialistico di ostetricia e ginecologia, bensì di psichiatria, lo stesso ogetto di rifiuto, ritenuto valido ed efficace, pochi giorni dopo l’esecuzione dello sfratto, dopo che la paziente si era recata presso il pronto soccorso ospedaliero per lievi perdite ematiche e quindi minaccia di aborto.

Ossia lo stesso pericolo - concludono i giudici - che aveva costituito presupposto di quelle cure disposte come detto dal ginecologo e obliterate». «Questa donna ha avuto un gran coraggio - commenta l’avvocato Francois -. Era sicura di aver subito un torto e non ha mai mollato».