Firenze, 11 novembre 2024 – Le donne nei consigli di amministrazione delle aziende? Ancora non ci siamo, sono troppo poche. È in sintesi il commento di Aidda, l’associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda, a margine degli ultimi dati diffusi da Manageritalia e stilati da Modefinance, società del gruppo Teamsystem. Secondo la presidente Antonella Giachetti “le donne nei cda delle aziende italiane sono sempre troppo poche: appena il 20% nelle società di capitali, mentre nel 67% dei Cda non ci sono proprio. Il modello di sistema economico è sociale lascia ancora la dimensione della cura sulle spalle femminili: servono misure urgenti per modificare questo stato di cose”. Considerando tutti i componenti dei Cda, secondo lo studio le donne pesano a livello nazionale in media il 20,2%, toccando il massimo 22,6% in Sardegna e il minimo 16,4% in Trentino-Alto Adige. La Toscana si colloca nella parte alta della classifica, col 21,5%.
Considerando, invece, la percentuale di cda di aziende per genere a livello nazionale il 66,7% di aziende ha un cda composto di soli uomini, il 10,9% di sole donne e il solo il 33,3% ha almeno una donna nel Cda. Di fatto solo il 22,4% dei cda risulta avere una forma mista con all’interno sia uomini che donne. “La carenza di donne nei Cda delle principali società italiane – prosegue Giachetti – è direttamente collegata ad una svolta culturale che non si è ancora avverata. Sulle donne pesano ancora troppo i compiti legati alla cura della famiglia e questo continua a produrre una disparità inaccettabile con gli uomini. Ma un maggiore coinvolgimento del mondo femminile nelle dinamiche lavorative di alto profilo è auspicabile per la crescita stessa della produttività e della competitività del Paese, ma anche per trasformare l’organizzazione del sistema economico sociale”.
“Per ridurre il gender gap nei Cda – conclude Giachetti – abbiamo quindi bisogno di misure urgenti che consentano alle donne di poter sviluppare le loro scelte lavorative senza dover contemporaneamente rinunciare ad una vita personale. Mi riferisco alla defiscalizzazione delle spese legate alla maternità e alla cura della famiglia in genere, ma anche al potenziamento di tutti i servizi connessi, a partire dagli asili. Alla radice, tuttavia, c’è un tema dirimente per realizzare questa svolta: bisogna che tutti assumano la consapevolezza che non solo le donne hanno lo stesso diritto degli uomini a sviluppare percorsi lavorativi altrettanto soddisfacenti ed equamente retribuiti, ma che dei valori femminili e quindi del contributo delle donne c’è urgente bisogno per garantire un futuro alla nostra società”.