"In via Erbosa e dintorni è tutto un via vai di auto e furgoncini, tecnici e operai. Potrebbe sembrare normale, per una zona artigianale, ma in questi giorni è diverso dal solito. In giro ci sono soprattutto vetrai, fabbri, manutentori e periti assicurativi. C’è chi verifica i danni e chi li ripara, mentre nelle aziende il lavoro torna lentamente alla normalità. La scena più comune, nei capannoni che circondano il perimetro del deposito Eni, protagonista dell’esplosione del 9 dicembre, è quella degli artigiani arrampicati sulle scale per riparare finestre e vetrate.
Tolgono le schegge di vetro e chiudono le aperture con pannelli di plexiglass o teli di cellophane. Perché i vetri, con tutta la richiesta che c’è, arrivano col contagocce. E il freddo, in questi giorni, si fa sentire. "Qui abbiamo avuto fortuna – spiega Roberto Martini, muratore, proprietario di un magazzino a poche decine di metri dall’ingresso del deposito Eni -. Prima di tutto perché al momento dell’esplosione nessuno di noi era presente. E poi perché i danni sono stati limitati a vetri e porte. La preoccupazione maggiore è stata per i vicini. Li ho chiamati subito".
Al piano di sopra infatti, come succede in vari edifici della zona, ci sono alcuni appartamenti, frutto dell’edilizia dei primissimi anni Sessanta. "Con le famiglie che abitano qui c’è un rapporto di amicizia – prosegue – e, appena ho capito che l’esplosione aveva riguardato il deposito Eni, li ho contattati a telefono. Per fortuna, erano fuori casa". Nel frattempo arrivano anche loro, i vicini. Non hanno voglia di esporsi, ma raccontano di danni ingenti a porte, finestre, infissi e zanzariere. Hanno dovuto dormire alcuni giorni fuori casa e sono ancora in attesa di diverse riparazioni necessarie per recuperare un minimo comfort.
"Dopo quello che è successo pare che la richiesta sia troppa – raccontano – e per avere un tecnico in casa bisogna aspettare. Per ora ci arrangiamo come possiamo, sperando di risolvere presto. Dispiace invece che qui girino tanti curiosi. Anche dopo cena arrivano decine di auto, raggiugono il deposito Eni e tornano indietro. Servirebbe più rispetto". Se alcune imprese sono ancora chiuse, a lavoro è tornato Massimo Fini, imprenditore di Studio Rf, che offre rappresentanza e consulenza per articoli di pelletteria.
"Lo spostamento d’aria è stato enorme – spiega – ma per fortuna lunedì scorso eravamo in una stanza più interna. La porta metallica esterna è stata scardinata e abbiamo avuto danni agli infissi, ma i vigili del fuoco sono stati straordinari. Hanno controllato tutto, salendo anche sul tetto. Per questo siamo potuti rientrare a lavoro in tempi rapidi, sentendoci sicuri".
In un’azienda vicina, un perito sta controllando il muro di cinta. Ha dovuto resistere all’onda d’urto ed è importante verificarne la stabilità. In un altro capannone due persone spazzano le schegge di vetro che ancora circondano il perimetro dell’edificio e che rischiano di fare danni ai mezzi in transito. Il cuore produttivo della Piana si è rimesso in movimento, anche se con il grande dolore per quello che è successo. E la preoccupazione che episodi del genere possano di nuovo accadere.
Lisa Ciardi