E l’abate Gianni tuona: "Ex teatro e social hub orrori inqualificabili"

Padre Bernardo: "Sono operazioni speculative"

E l’abate Gianni tuona: "Ex teatro e social hub orrori inqualificabili"

Il complesso da 150 appartamenti all’ex teatro Comunale e il Social Hub del viale Belfiore sono "orrori inqualificabili, per cui saremo impietosamente giudicati dalle generazioni future".

L’invettiva che non lascia spazio a interpretazioni o sfumature di sorta arriva da padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato a Monte, una delle guide spirituali della città, che già nei giorni scorsi, attraverso i social, aveva pesantemente criticato due delle più imponenti trasformazioni urbanistiche degli ultimi anni a Firenze.

E ieri ha rincarato la dose intervenendo ai microfoni di Controradio dove ha parlato senza mezze misure di "due mostruosi interventi" calati in un contesto, ha osservato ancora, che già "permette troppe sgrammaticature urbanistiche e architettoniche rispetto al livello di bellezza che la cosiddetta capitale dell’umanesimo dovrebbe garantire non solo a sé stessa, ai suoi cittadini, alle sue generazioni future, ma anche al mondo intero". Padre Bernardo non è nuovo ad attacchi sulle trasformazioni sia fisiche che morali di Firenze.

La città, secondo l’abate di San Miniato, "va preservata da operazioni oggettivamente speculative" e invece "l’impronta di quei due edifici va in questa direzione".

Padre Bernardo è un fiume in piena: "Oltre a una bruttezza oggettiva da un punto di vista architettonico" secondo l’abate i due maxi interventi "segnalano, ancora una volta, la vittoria di una prospettiva di città che premia un certo tipo di turismo, di investimenti immobiliari e in genare, usando con il linguaggio dello spirito, la perdita dell’anima della città"

E ancora: secondo padre Bernardo questi due esempi "non sono gli unici". "Guardando lo skyline della città, dalla vedetta di San Miniato – ha argomentato – ci si accorge che in questi ultimi anni sono spuntate costruzioni che vanno a intaccare tutto quello che, grazie al miracolo del piano Detti e di altre lungimiranti prudenze, si è cercato di evitare".

"La mia – è infine la conclusione della riflessione affidata a Controradio – non è una nostalgia estetizzante di una Firenze da cartolina. E’ certamente l’apertura al nuovo, ma di qualità e a beneficio dell’organismo vivente che, prima ancora di essere urbs, è civitas. E’ quella cittadinanza che ci fa essere comunità viva".