Ha collezionato 12 multe e 68 giorni di chiusura ma i fornelli della sua pizzeria continuano a rimanere accesi, nonostante i controlli e il conto da saldare che aumenta giorno dopo giorno. Momi El Hawi, uno dei promotori della protesta #Ioapro1501 contro le limitazioni dei Dpcm, dopo la Fase 2 che prevedeva la promozione dei locali aperti "in modo che le persone, che sono tante, sappiano dove poter andare" le sue parole, lancia la cosiddetta Fase 3.
E lo fa da Roma, dove insieme a una delegazione, in questi giorni avrà una serie di incontri con tutte le forze politiche. "In rappresentanza di oltre 50mila ristoratori italiani oggi (ieri, ndr), insieme agli altri promotori, siamo venuti a Roma, in piazza Montecitorio, per chiedere al Governo una soluzione che possa dare ossigeno a un sistema economico al collasso. I nostri locali devono poter lavorare anche a cena. Senza l’apertura serale, in sicurezza, siamo condannati a morire. Questo entro e non oltre il 14 febbraio, data che coincide con il termine dell’attuale ordinanza" spiega El Hawi.
Il gruppo di imprenditori rimarrà a Roma alcuni giorni e cercherà di stringere rapporti e alleanze al fine di poter raggiungere il proprio obiettivo. Sono 12 le multe collezionate dal titolare di Tito e cinque i provvedimenti di chiusura dal mese di ottobre. In tutto sono 58 i clienti della pizzeria di via Baracca identificati e sanzionati a partire dal 15 gennaio, 74 quelli totali sorpresi a tavola nei quattro ristoranti che hanno aderito alla protesta. Insomma, tolleranza zero della prefettura nei confronti degli osti ribelli. "Io continuo, non mi spavento - continua -. La mia unica paura è quella di fallire e di perdere la mia azienda. Credo di avere tutte le ragioni per fare quello che sto facendo. Lo faccio per me, per i miei dipendenti e per migliaia di ristoratori".
Le mie pizzerie sono luoghi sicuri e rimarranno aperte fino a quando il Governo non deciderà di dare la possibilità a tutte le attività di Italia di lavorare regolarmente almeno fino alle 22. Ho la solidarietà di tanti colleghi, di diversi politici di primo piano e anche delle stesse forze dell’ordine. Sono diversi gli agenti che capiscono quanto io stia facendo. E soprattutto ho la solidarietà dei miei dipendenti, anche per loro sto lottando” dice Momi.