Un lite lunga sette anni. E ancora in pieno svolgimento. Il duello su una multa per eccesso di velocità è arrivato fino in Cassazione. E da qui tornerà in tribunale a Firenze, in funzione di giudice d’appello. Questa storia inizia nel 2015 - ed è ancora, appunto, ben lontana dal capolinea dopo il pronunciamento della corte di legittimità - quando la polizia municipale dell’Unione Comuni Empolese Valdelsa, il 27 settembre, contesta a due persone, nella rispettive qualità di proprietaria e conducente del veicolo, l’avvenuto superamento del limite di velocità di 50 Kmh prescritto sulla Tosco Romagnola nel Comune di Montelupo Fiorentino, con accertamento eseguito a mezzo apparecchiatura elettronica Velocar Red and Speed. Il caso finisce davanti il giudice di Pace che accoglie il ricorso contro il verbale ed lo annulla. Le cose cambiano in tribunale dove viene accolto l’appello proposto dall’Unione dei Comuni nei confronti di uno solo dei soggetti interessati. Il giudice di appello - si apprende - riteneva che la contestazione doveva considerarsi legittimamente eseguita "anche avuto riguardo al rispetto della condizione della preventiva segnalazione e della idonea visibilità del cartello prescrittivo del limite di velocità, così come doveva ritenersi accertata l’avvenuta regolare sottoposizione dell’apparecchio di rilevazione elettronica alla taratura e alla verifica della sua funzionalità".
Si va a Roma, davanti alla Suprema Corte lamentando, innanzitutto un punto chiave: la mancata "impugnazione delle citata sentenza nei confronti di tutte le parti costituite nel giudizio di primo grado". E gli ermellini rilevano la pacificità della circostanza che l’opposizione era stata proposta in primo grado sia dalla proprietaria che dal conducente del veicolo oggetto dell’accertamento, e che questi avrebbe dovuto considerarsi litisconsorte necessario nel giudizio di appello. Sentenza cassata. E rinvio a Firenze, davanti ad un altro giudice che dovrà integrare il contraddittorio, oltre esprimersi sulle spese del giudizio di legittimità.
Carlo Baroni