ROSSELLA CONTE
Cronaca

Effetto Trump sull’export in Usa. L’ombra dei dazi sui beni di lusso: "Rischiamo di perdere clienti"

Nel 2024 il valore delle esportazioni fiorentine verso gli Stati Uniti ha superato i 5 miliardi di euro. Cappelli, Cna: "Un’eventuale maggiorazione minaccerebbe la vendita delle nostre eccellenze".

Nel 2024 il valore delle esportazioni fiorentine verso gli Stati Uniti ha superato i 5 miliardi di euro. Cappelli, Cna: "Un’eventuale maggiorazione minaccerebbe la vendita delle nostre eccellenze".

Nel 2024 il valore delle esportazioni fiorentine verso gli Stati Uniti ha superato i 5 miliardi di euro. Cappelli, Cna: "Un’eventuale maggiorazione minaccerebbe la vendita delle nostre eccellenze".

di Rossella Conte

FIRENZE

I dazi annunciati da Trump rischiano di penalizzare pesantemente il tessuto imprenditoriale toscano. Aziende come Chiarugi 1952, specializzata in macinapepe e macinasale made in Florence, potrebbero subire un calo nelle vendite verso gli Stati Uniti, un mercato strategico per il design di alta gamma. Secondo gli ultimi dati dell’ufficio studi della Camera di Commercio di Firenze, nel 2024 il valore totale delle esportazioni fiorentine verso gli Stati Uniti dovrebbe raggiungere i 5,8 miliardi di euro. "L’aumento dei dazi potrebbe gravare sui clienti finali e disincentivare gli acquisti, minacciando le esportazioni di prodotti simbolo dell’eccellenza toscana" sottolinea l’amministratore delegato Simone Cappelli che fa parte di Cna Firenze.

Siete preoccupati?

"La premessa è che il mio prodotto è un oggetto di lusso, superfluo: si vive lo stesso anche senza. Chi produce beni essenziali affronterà sfide diverse rispetto a noi. Nel nostro caso, vendiamo sia a privati che ad aziende. Esiste un accordo tra UE e Stati Uniti per cui, se un privato acquista un prodotto sotto gli 800 dollari, è esente da dazio. Tuttavia, con gli aumenti, la probabilità che un cliente privato decida di acquistare direttamente da noi potrebbe diminuire. Diverso è il caso delle vendite a negozi, catene di ristorazione e hotel. Qui i dazi ci sono sempre stati e un aumento significherà costi maggiori. I clienti americani, inclusi hotel di lusso che apprezzano i nostri standard di qualità, saranno costretti a pagare di più per avere prodotti come i nostri".

Quali sono le perdite che potrebbero derivarne?

"Se il dazio aumenta di poco i clienti potrebbero assorbirne i costi, ma se le percentuali fossero troppo alte si ridurranno gli ordini o ci penseranno due volte prima di acquistare. Alla fine, i dazi si ripercuotono sui clienti e sull’intera catena. Per esempio, se un ristorante che oggi paga il 5% di dazio su un nostro prodotto si trovasse a pagarne il doppio, potrebbe ancora coprirlo. Ma se l’aumento fosse più significativo, gli ordini calerebbero".

Quello americano che tipo di mercato rappresenta per voi?

"È uno dei più importanti, ma non rappresenta la maggioranza del nostro export. Lavoriamo con rivenditori locali che coprono circa quattro Stati. Perderlo sarebbe un problema, ma abbiamo un business diversificato che spazia dall’Europa agli Emirati Arabi e oltre".

Quali sono le strategie per affrontare queste difficoltà?

"Una strategia è puntare su mercati meno colpiti dai dazi. Alcuni imprenditori potrebbero considerare soluzioni alternative: ad esempio, comprare i nostri prodotti da Dubai o Hong Kong, sfruttando zone franche, per poi rivenderli in America con tariffe calmierate. Tuttavia, questi scenari non sono ancora chiari. Il nostro punto di forza è la qualità artigianale e il design unico: i clienti che cercano eccellenza difficilmente rinunceranno ai nostri prodotti. La qualità resta l’asset vincente".