Firenze, 22 novembre 2023 – ”Il giudice lo ha obbligato a starmi lontano, dopo che mi ha picchiata e per poco ci rimanevo ma nonostante il divieto continua a tormentarmi". La violenza sulle donne ha sempre lo stesso canovaccio e lo rimette in scena con cadenza giornaliera. Cambiano i volti, i nomi, il dolore ma le storie sono simili nella loro tragicità.
Questo è l’inferno di Elena, 42 enne, nata e cresciuta a Firenze, operatrice turistica. La chiameremo così perché per paura vuole restare anonima. Ennesima vittima della furia di un uomo. Sono passati quattro mesi dalla prima denuncia contro chi diceva di amarla e, all’inizio si “limitava” a urlarle contro, offendendola. Elena racconta che quella denuncia non è servita a placare una situazione che stava prendendo la via della violenza fisica. "Mi sputava. Mi offendeva. Mi urlava. Ho trovato il coraggio di denunciare, ma poi me lo sono ripreso". Un errore che molte donne commettono sperando che quell’uomo possa cambiare. Ma no, non cambiano. E’ a questo punto che l’uomo segue il classico copione: rose, biglietti, scritte sono casa e i messaggi “scusa, non lo faccio più”".
Una sceneggiatura sentita e risentita che nella maggior parte dei casi non finisce bene. Nonquesta volta, Elena si dichiara viva per miracolo. "Tutto inizia quando gli chiedo spiegazioni per un messaggio della sua ex sul suo telefono . Lui si arrabbia, però la situazione è relativamente sotto controllo. Mi chiede di rimanere a dormire a casa e io impaurita acconsento - continua in lacrime – la mattina dopo, chiedo ancora e si scatena il panico. La sua rabbia si ritorce contro di me. Mi ha colpita con un pugno in faccia, calci nelle costole - mi ha picchiata fino alla due di notte".
Un dettaglio che fa rabbrividire: un peluche le ha salvato la vita, si è riuscita a coprire, attenuando i calci con i quali lui infieriva. "Sono andata via da casa e mi sono nascosta in un hotel. Ho chiamato i carabinieri che mi hanno portata in ospedale". Una costola incrinata e lesioni su tutto il corpo: 25 giorni di prognosi. L’inferno che lei come altre donne hanno dovuto subire per essere libere. "Ho denunciato di nuovo, con coraggio".
Da lì l’emissione di un provvedimento di divieto di avvicinamento che non è stato rispettato". Inizia così la fase dello stalking, della non rassegnazione di un uomo che non accettava che la donna non lo voglia più. O mia o di nessuno , questa l’ossessione che prende possesso della testa di uomini simili: il non voler ammettere che le donne, Elena in questo caso, scelgano di rifarsi una vita. "Le minacce telefoniche continuavano fino ad arrivare a frasi come io non ti faccio vivere - continua il suo racconto con la voce spezzata - Poi mi ha anche spaccato la macchina per tre volte. Dopo il divieto di avvicinamento infranto e la richiesta dei miei avvocati delle celle telefoniche che confermavano le sue azioni di stalking, dal 17 novembre scorso è stata aggravata la sua misura cautelare. E’ finito in carcere per violazione del divieto di avvicinamento, stalking e violenza".
"Fortunatamente l’intervento è stato tempestivo", commenta l’avvocato Marco Passagnoli che insieme al collega Gianluca Zwingauer assistono la vittima. Una storia che racconta anche la straziante permanenza in casa della donna durata 45 giorni. "Era l’unico modo per salvarmi la pelle. Lui non si avvicinava, c’erano le telecamere. Ma la notte non dormo più".