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Elio mercoledì 19 febbraio (ore 20,45) sarà al Teatro Verdi con ’Quando un musicista ride’
Cosa succede ’Quando un musicista ride’? Che anche il pubblico gioca e si diverte, sul fil rouge di canzoni che hanno segnato intere generazioni con i loro spunti geniali, innovativi, anticonformisti, liberi e creativi. È il viaggio musicale insieme a Elio, che mercoledì 19 febbraio (ore 20,45) sarà al Teatro Verdi con la sua band di giovani virtuosi, regia e drammaturgia di Giorgio Gallione.
Elio, che cosa ascolterà il pubblico in ’Quando un musicista ride’?
"Dopo il successo di ’Ci vuole orecchio’, dedicato a Enzo Jannacci, con lo stesso Gallione abbiamo pensato di proseguire, allargare, esplorare e reinventare quell’immenso repertorio seriamente comico ai confini tra canto e disincanto che, soprattutto intorno agli anni ‘60, ha percorso la musica, la canzone, il cabaret e il teatro italiano".
Per fare dei nomi?
"Da Fo a Gaber, da Jannacci a Cochi e Renato, da I Gufi a Felice Andreasi, più tantissimi altri, una generazione di artisti eccentrici e controcorrente che hanno sorpreso e divertito tutti, dagli sperimentalisti al grande pubblico reinventando un genere musicale ricco di stravaganti e divertenti ’canzoni scanzonate’".
Si potrebbe parlare di comicità seria?
"La cosa più importante è ridere. Il titolo lo abbiamo scelto proprio in quel senso lì. Poi ognuno ci trova quello che vuole. Si racconta dell’universo milanese degli anni ’60, partendo da Jannacci, all’interno del quale io sono cresciuto. La mia impressione era che quello fosse il mondo. Invece oggi, dopo sessant’anni, mi sono accorto di quanto fosse unico, uno stile originale rispetto a qualunque forma comica, non solo in Italia. Caratteristiche che a me piacciono molto perché sono un appassionato di assurdo e surreale".
Cosa succede riportando in scena queste canzoni e questi personaggi?
"L’effetto è stato esplosivo. Vedo negli occhi del pubblico l’espressione di quasi shock, sembra quasi di presentare un repertorio totalmente nuovo, rivoluzionario, quando invece stiamo parlando di canzoni di 50 e anche 60 anni fa. E la sorpresa è vedere lo stupore dei bambini".
Non è uno spettacolo da ’grandi’?
"In realtà i bimbi sono il pubblico migliore in assoluto per questo repertorio qui, perché arrivano senza nessuna idea precostituita. Ridono, applaudono... Sono contenti come quando ho visto per la prima volta Cochi e Renato: avevo dieci anni e mi sembrava di vedere due alieni".
Cosa è cambiato da allora?
"Credo si sia perso il gusto per la creatività, per il nuovo, la libertà di inventare. Per assurdo, tutta la ventata di novità arrivata per sempio con i social, che sulla carta avrebbero dovuto renderci liberi, invece stanno ci stanno costringendo in uno steccato".
Cosa avrebbero detto oggi due personaggi come Gaber e Iannacci dei social?
"Non ne ho idea. So per certo che tutti e due erano estremamente liberi, per cui che anche loro a avrebbero sofferto questa mancanza di libertà. Come dice Umberto Eco, che è un altro personaggio che appare in questo spettacolo, i social danno danno voce veramente a tutti. E quindi anche a una percentuale molto alta di persone che normalmente non avrebbero avuto i titoli per esprimere certi pareri".