Un patrimonio immobiliare che conta appartamenti e fondi in centro a Firenze. Più una somma di circa 250mila euro. È l’eredità che un anziano ha lasciato alla badante giapponese, a suo marito e al figlio. Peccato che l’uomo, secondo la sentenza del tribunale civile di Firenze, non sarebbe stato in grado di redigere il testamento in quanto incapace di intendere e di volere, perché affetto da un ritardo mentale sin dalla nascita e da patologie emerse dopo la morte della moglie che ne hanno aggravato le condizioni psico-fisiche.
Quindi, il giudice Massimilaino Sturiale ha deciso di annullare il testamento e di accogliere così il ricorso dei cugini dell’uomo, artefici della battaglia legale e assistiti dagli avvocati Emilia Fontana e Margherita Semplici. Oltre la condanna al pagamento delle spese di giudizio di oltre 12mila euro, la sentenza ordina anche l’immediata restituzione dei beni ereditati. Compresa la casa dove la donna e il compagno si sono trasferiti poco prima della morte della moglie dell’anziano, deceduto invece due anni fa.
Assunta proprio dalla coniuge, la badante ha lavorato per la coppia dal 2009 al 2020, a fianco di un amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare. Un’assistenza che, secondo le testimonianze dei cugini, si è trasformata con il tempo in "ingerenza": prima con il trasloco nella casa "senza averne alcun titolo", e poi con un depauperamento repentino delle finanze dell’uomo, passate da 113mila euro a 23mila euro in poco meno di tre anni.
Campanelli di allarme che hanno spinto i parenti, dopo la morte della moglie del cugino a causa di un incidente stradale, a sporgere denuncia. Il procedimento penale viene però archiviato, mentre quello civile porta alla luce lati inediti della vicenda. Dalle relazione degli amministratori di sostegno, è evidente che "lo stato di fragilità psicologica era presente già in precedenza alla tragica scomparsa della moglie" e che "l’ingerenza dei due fosse presente e solida nella vita dell’anziano".
Di ciò si erano accorti non solo i cugini, ma anche i vicini della coppia, che in udienza hanno raccontato di episodi di "violenza fisica" nei confronti dell’uomo da parte dei badanti, e di aver saputo dalla stessa vittima "di essere stato costretto a redigere testamento".
Il quadro, pertanto, è per il giudici sufficiente per definire il defunto al momento della stesura del testamento "inconsapevole degli effetti delle azioni compiute", perché affetto da ritardo mentale e costretto in una "situazione di isolamento" dettata dai comportamenti della colf e del compagno, che ne aveva anche acuito la "dipendenza affettiva" nei loro confronti.