STEFANO BROGIONI
Cronaca

Il caso escort, incontri hot al Mediterraneo: via al processo

Quelle carte fecero tremare Palazzo Vecchio

Immagine generica di incontro a pagamento (Foto archivio Germogli)

Firenze, 25 febbraio 2016 - SI SCOMODÒ la grande stampa, quando dalle intercettazioni si capiva che, nel bollore del desiderio, alcuni attori (non protagonisti, almeno secondo l’attuale cronaca giudiziaria) non avevano atteso neppure di uscire dagli uffici del Comune di Firenze, ma si lasciarono andare addirittura lì, nell’ufficio pubblico. Quando scoppiò il polverone, era l’estate del 2013: Matteo Renzi sindaco già sul trampolino di lancio, le voci sul coinvolgimento di un assessore dell’epoca – che spunta più volte dalle telefonate e che aveva procurato un alloggio a una delle escort –, l’incognita sul destino di un fastello di intercettazioni “collaterali”, contribuirono a far decollare lo scandalo. Firenze come Arcore, fu l’equazione, senza cene eleganti ma con roventi incontri addirittura nelle filiali di Palazzo Vecchio.

«...Tutto che tremava, mi ha strappato le calze, lo abbiamo fatto nella stanza delle conferenze, poi è entrata la donna delle pulizie. E questa qua è caduta con tutta l’acqua per terra, io non riuscivo a prendere questo qua, era tutto partito...», racconta la rumena Adriana nella telefonata più scabrosa del fascicolo principale. Si riferiva ad un dirigente dell’amministrazione, uno dei tanti che aveva avuto a che fare con lei, la più agognata e ammanicata grazie ad un passato da modella e un’agenda fitta di numeri di telefono importanti.

Ma ieri mattina, alla prima vera udienza del processo derivato dalle carte dell’inchiesta che la polizia postale battezzò “Bella Vita”, non c’era che un agguerrito manipolo di ottimi avvocati a difesa dei sei imputati «superstiti». Alla scorsa udienza, quella di smistamento, non si è presentato neppure un legale a tutela di Susan, Crystal, Nancy o Sara, i nomi (presumibilmente d’arte) snocciolati in aula, di ragazze che hanno ricevuto clienti nelle stanze del Mediterraneo, l’hotel da dove ebbe origine l’inchiesta sugli incontri che si consumavano pure in ville private, apprtamenti di cooperative e perfino in un ufficio comunale distaccato in via Giotto.

Molte di queste escort sono irreperibili: straniere che forse non sanno neppure di essere finite al centro di un’inchiesta che ha fatto tremare i palazzi della politica e della Firenze che conta.

Siamo ben lontani, insomma, da ciò che sembrava, nel bel mezzo di quello scandalo che fece tanto rumore. Eppure, la sensazione del «non detto» è forte. La si sente nell’aria dell’aula meno in vista dell’intero palagiustizia, dove un tribunale in composizione collegiale (Marco Bouchard presidente, Barbara Bilosi a latere) dovrà decidere se quel vorticoso giro d’incontri, quelle telefonate boccaccesche o goliardiche, pruriginose e talvolta pure comiche, abbiano rappresentato un reato oltre che un sollazzo.

Dall’imprenditore al professionista, passando per l’artigiano e il commerciante: la prima grossa scrematura avvenne mesi fa dal gip, quando si sgretolò l’accusa di sfruttamento della prostituzione.

Siamo a processo per favoreggiamento, e alla sbarra non ci sono nemmeno tutti, gli undici iniziali. Il giudice per l’udienza preliminare Francesco Bagnai ha già disposto l’anno scorso il non luogo a procedere per i responsabili del sito internet escortforum.it, che pubblicava (e continua a farlo) inserzioni di ragazze, e ha archiviato pure le posizioni di chi, «per una maldestra vanteria», ha ceduto il numero o caldeggiato l’incontro ad un amico con una delle prostitute in questione.

E ieri mattina, il pubblico ministero Giuseppe Ledda ha iniziato proprio dall’inquadrare quell’«incessante» giro di ragazze che popolava l’hotel Mediterraneo nel 2010. I poliziotti, guidati dall’ispettore Roberto Varallo, hanno ricostruito come e perché si concentrarono su quell’albergo, gli appostamenti, le telefonate fingendosi clienti e le successive incursioni direttamente in camera grazie al fatto che il personale dell’hotel «non faceva controlli».

E’ stato anche ricostruito che le ragazze erano gestite da vere e proprie agenzie, che, in cambio di una percentuale fino al cinquanta per cento sugli introiti, facevano ruotare le loro “girls” in giro per l’Italia secondo un calendario e un tariffario prestabilito.

Ma il processo non è questo. Alla polpa del dibattimento si arriverà alla prossima udienza, il 2 marzo, quando sempre con l’ausilio degli investigatori l’accusa ricostruirà, a suon di intercettazioni, la presunta attività di favoreggiamento contestata. Incontri con Adriana ma anche con donne che si prestavano “occasionalmente” in cambio di un compenso. «Nessuno ci ha guadagnato», ribattono gli avvocati, convinti che tutto si dissolverà in una bolla di sapone. Presto sfileranno anche i tesi della difesa, secondo un calendario d’udienza che prevede la discussione già alla fine del prossimo mese di marzo.