SANDRA NISTRI
Cronaca

Esplosione al deposito Eni di Calenzano: comunità sotto shock e danni ingenti

Una comunità sconvolta dall'esplosione al deposito Eni di Calenzano. Danni ingenti e paura per il pericolo dell'oleodotto.

I racconti e la paura: "Ho sentito il botto, sembrava un attentato. Noi vivi per miracolo"

Una comunità sconvolta dall'esplosione al deposito Eni di Calenzano. Danni ingenti e paura per il pericolo dell'oleodotto.

Una comunità ferita, attonita, incredula. Che richiederà inevitabilmente giorni, settimane o addirittura mesi per metabolizzare la tragedia al deposito Eni di Calenzano. Dal cielo, in via Erbosa, cadono gocce a intermittenza. Lacrime, non pioggia, a bagnare il volto dei residenti, dei dipendenti che orbitano attorno al distretto industriale locale. Un tessuto residenziale consapevole della intrinseca pericolosità di una convivenza con un deposito che ospita serbatoi di liquidi infiammabili.

La prima reazione al fragore dello scoppio, di puro istinto, è stata quella di pensare all’inimmaginabile. "All’inizio ho pensato a un attentato, è stato impressionante". Fulvio Vangi, uno dei titolari della ditta ’Vangi Inerti’ di Calenzano, in pratica confinante con il deposito Eni, racconta così i primi terribili secondi dopo lo scoppio avvertito più che distintamente da chi era, con lui, in azienda: "Io mi trovavo in ufficio – dice – e, dopo avere sentito un botto tremendo, ho iniziato a vedere cadere porte, vetri e finestre e sono uscito, così come tutti quelli che erano in ditta. Siamo saliti in macchina e ci siamo allontanati. All’inizio non abbiamo capito, non sapevamo che conseguenze potesse avere l’esplosione. Per fortuna nessuno si è fatto male anche se ci sono stati danni ingenti all’azienda".

Per via Erbosa si aggira anche Alessandro Corrotti, titolare di ’Hidrotecnica’, azienda specializzata in soluzioni nel campo dell’oleodinamica. Scosso, disorientato, fisicamente provato. Porta un bendaggio simil turbante con garze a tamponare i tagli alla nuca che ha riportato a seguito dello scoppio per i frammenti di vetro tagliente. "Credevo fosse un missile – la reazione a caldo –. L’urto ha sfondato tutte le porte, distrutto i vetri degli infissi. Il soffitto della ditta è crollato, ripartire sarà durissimo".

Francesca Margheri trema. Vistosamente. E con affanno prova a rielaborare la paura vissuta pochi istanti prima. Da 18 anni è negli uffici amministrativi della Rat (Raggruppamento degli autotrasportatori toscani). Realtà che impiega autisti e piazzalisti per commesse di carburante da distribuire in stazioni di benzina e aeroporti. "Ho avuto paura di morire – ammette –. Siamo vivi per miracolo. Nel nostro capannone eravamo una quindicina. Siamo scappati mentre si sollevava l’incendio e la coltre di fumo". Poi, Francesca fornisce un dettaglio tutt’altro che trascurabile: "Sotto le palazzine del distretto industriale scorre un oleodotto lungo 80 chilometri che parte dalla raffineria di Livorno. Il cui prodotto raffinato parte dalla costa e scorre nelle tubature fino al collegamento diretto coi serbatoi del deposito di Calenzano. Sotto i nostri piedi abbiamo una bomba ad orologeria. Siamo stati graziati".

A due passi dal deposito, c’è il bar Posta Nova. La tavola calda prediletta di operai e dipendenti di zona durante le pause pranzo. "Vengono spesso a mangiare qui da me, li conosco quasi tutti ormai – spiega la signora Laura, titolare del locale, cedendo alle lacrime – sono per lo più ragazzi originari del Sud, arrivati qui per lavoro. Morire così, in questo modo...siamo distrutti".

Il boato è stato avvertito distintamente anche dalla piscina comunale di via di Prato, distante, in linea d’aria, poche centinaia di metri: "Si sono spostate tutte le vetrate del piano vasca – dice il responsabile dell’impianto Jacopo Fantechi –, alcune sono andate in frantumi ma non ci sono stati danni alle persone anche se c’era normale attività in vasca. Abbiamo fatto l’evacuazione dell’impianto in pochi minuti, per fortuna siamo riusciti a fare uscire tutti. Ora valuteremo i danni alla struttura che ci sono e sono consistenti tanto che non sappiamo quando potremo riaprire".