Il vapore di carburante che silenziosamente e invisibile si insinua nell’aria. Pochi secondi. Poi la nube si fa bianchiastra. Il terrore dipinto negli occhi di chi ne ha sentito parlare spesso tra colleghi, ma non ci si è mai trovato davanti. Perché essere lì, vedere quelle particelle di combustibile nebulizzato prendere fuoco, può voler dire solo una cosa: la morte. Ed è quello che tragicamente è accaduto ai cinque poveracci inghiotti dalle fiamme o, peggio ancora, smembrati dalla violenza dell’onda d’urto dell’esplosione che lunedì mattina è deflagrata nel deposito Eni di Calenzano.
Ieri, mentre all’esterno dell’ingrosso di carburanti di via Erbosa un vento freddo dal nord asciugava le lacrime dei parenti delle vittime, all’interno si scavava tra cenere e detriti alla ricerca delle vertià. Ogni pezzo ha una sua storia. Ogni procedura registrata sarà spulciata e studiata. Ogni testimonianza riportata nel fascicolo d’inchiesta aperto per disastro colposo e lesioni dalla procura di Prato.
Ricordiamoci questi numeri: 6 e 7. Perché secondo quanto trapela da fonti investigative sono quelli dei box, sottoposti da circa dieci giorni a interventi di manutenzione, da cui si sarebbe sollevata la nube ’killer’ di vapori di carburanti che ha poi provocato lo scoppio. L’area teatro della tragedia conta dieci spazi dove i camionista, per lo più in autonomia, arrivano con le loro autocisterne per fare rifornimento di combustibili e ’scaricare’ i vapori delle vasche.
Un tubo introduce il materiale, un altro (attaccato nello stesso momento) aspira l’immateriale. Il tutto, stando a quanto riportano i colleghi delle vittime, avviene in sicurezza, seguendo i protoccoli severi del colosso petrolifero, che invita durante queste fasi a lasciare fuori dalla cabina di guida anche lo smartphone.
Allora, cosa ha scatenato il disastro in via Erbosa? Servono le indagini. Magari pure le immagini delle videocamere di sorveglianze Eni puntate sui bagli della pensilina. Una prima ricostruzione gli inquirenti hanno comunque cominciato a estrapolarla dal video che riprende l’esplosione e poco prima un autocisterna che svolta. Ingrandendo l’immagine è possibile notare una nube biancastra che si alza appena il camion sparisce dall’inquadratura. Sembra uscire da una valvola della vasca del mezzo, ma quell’addensamento sarebbe invece il vapore di carburante ’sfuggito’ dall’impianto e in procinto di deflagrare. Più precisamente, sarebbe evaso dalle corsie 6 e 7, sotto i ferri in quei giorni per dei lavori alle tubazioni in vista dell’arrivo del nuovo biocarburante diesel hvo. Un malfunzionamento, oppure un errore degli addetti alla manutenzione, avrebbe così ’liberato’ la nube killer (indivisibile agli occhi, ma percepibile all’olfatto), che entrata in contatto con una scintilla (il detonatore) sarebbe esplosa – assumendo prima un colore biancastro, come di cenere –, dando vita a sua volta a una cosiddetta fireball (palla di fuoco).
Cosa può aver innescato il gas? È ancora presto per dirlo. Ma la scintilla potrebbe essere arrivata dal più banale attrito. Oppure da una frizione di strumenti di lavoro, come quelli usati nelle corsie 6 e 7, con altri elementi ferrosi. Altro dettaglio: improbabile che la perdita possa provenire dal serbatoio del tir che nel video si vede lasciare la sua postazione: la sua cisterna, piena, è rimasta intatta. Perché a tenuta stagna, e perché senza valvole (o fori) aperte dove le fiamme avrebbero potuto sfondare.
Miracolosamente incolume, se non per dei tagli, anche il suo autista: Marco Serafini, 54 anni, conducente della Rat Trasporti. Come lo erano Vincenzo Martinelli, 51 anni, Davide Baronti, 49 anni, Carmelo Corso, 57 anni erano appena scesi dai loro camion quando la palla di fuoco li ha travolti, carbonizzandoli. Ritrovati ieri dai vigili di fuoco anche i copri di Gerardo Pepe, 45 anni, e Franco Cirelli, 50 anni, dipendenti della ‘Sergen’, una ditta con sede a Grumento Nova (Potenza), che si trovavano nelle corsie 6 e 7 della pensilina. Con loro anche il collega Luigi Murno, di 37 anni, di Villa d’Agri di Marsicovetere (Potenza), rimasto gravemente ustionato e attualmente ricoverato a Pisa.