FIRENZE "Dalla superficialità umana fino alla mancanza di accorgimenti nella sicurezza o un malfunzionamento. E non si possono escludere delle concause. Questo è un caso di non facile soluzione". Sono le parole di Luigi Bombassei De Bona, 51 anni, Perito Balistico esplosivista forense iscritto all’albo del Tribunale di Belluno, già membro delle organizzazioni di scienze forensi “Forensic Science Society” e della Società Internazionale degli Ingegneri Esplosivisti, appartenente alla International Association of Crime Analysts e all’International Association of Bomb Technicians and Investigators.
"Ritengo sia ancora prematuro fare qualsiasi affermazione circa la causa ma eventualmente solo ipotesi", premette Bombassei De Bona. Tuttavia, per l’esperto, è importante concentrarsi sui video, se disponibili, e sulle testimonianze dirette di chi era presente ed è sopravvissuto. "E’ necessario valutare per bene tutto, non tralasciando neanche il minimo indizio anche se apparentemente insignificante, perché in realtà potrebbe fornire informazioni preziose".
Come ad esempio lo stato in cui sono stati ritrovati i corpi. Quelli bruciati sono i più vicini all’esplosione? "Potrebbe anche essere che una persona non bruciata fosse vicina, ma abbia trovato riparo dalla fireball diretta dietro una struttura che non ha ceduto. Nell’esplosione vi è un’onda diretta di pressione potente però vi è un altrettanto potente onda retrograda".
"Bisogna capire da dove è partita, dove si è creata questa atmosfera esplosiva. Capire, insomma, perché c’è stata quella nuvola che si vede anche nel video. E’ la concentrazione, che varia a seconda del combustibile, che crea l’atmosfera esplosiva".
E l’innesco potrebbe essere stato un cellulare? "Mi sembra un’ipotesi remota. Innanzitutto in quel tipo di ambiente i cellulari non devono starci perché possono creare dell’energia statica. Ci sono normative molto rigide, chi opera in questi cambi sa bene come comportarsi, chi carica un’autocisterna lo fa tantissime volte. La normativa è stringente, se tutto viene rispettato e ogni passaggio viene fatto come si deve non deve succedere niente. Sono operazioni normate e valutate bene nel rischio. Comunque anche i piani di sicurezza andranno verificati anche sotto l’aspetto documentale".
Il deposito Eni di Calenzano si estende su una superficie di oltre 170mila metri quadrati. Non lontano dagli stalli di carico delle autocisterne, diversi serbatoi che grazie all’intervento dei vigili del fuoco e ai sistemi interni non sono stati interessati da quella che Bombassei De Bona definisce "quasi una detonazione". E’ stimato che dal sito di via Erbosa vengono movimentate ogni mese quasi 13mila tonnellate di carburante attraverso 1120 autobotti al mese. Al momento del disastro, nello stabilimento stava caricando cinque autisti. Tre di loro sono morti, assieme ai due addetti alla manutenzione, ed altri due conducenti sono gravemente feriti a causa delle ustioni riportate. Sono ricoverati all’ospedale Cisanello di Pisa.