Prato, 12 dicembre 2024 – Era possibile che la manutenzione straordinaria all’impianto Eni di Calenzano potesse svolgersi in contemporanea con il quotidiano rifornimento di carburanti delle autobotti? Oppure, forse, era più sicuro procedere in altro modo? È questo uno tra i più delicati dei tanti interrogativi sui quali si sta concentrando l’indagine della Procura di Prato, coordinata dal procuratore Luca Tescaroli, sulla tragedia che si è consumata lunedì nel sito di via Erbosa: cinque le vittime tra autotrasportatori e tecnici manutentori.
Dalle prime ricostruzioni trapela che al momento della deflagrazione erano in corso operazioni di manutenzione straordinaria vicino all’area destinata al carico del carburante, mentre in quattro corsie, dalla 3 alla 6, vi erano altrettante autocisterne in rifornimento. La domanda è: sono state rispettate tutte le misure di sicurezza in un impianto ad alto rischio come quello oppure ci sono state inadempienze nella fase di manutenzione alle pensiline 5 e 6? Quattro anni fa Maurizio Marchi di Medicina democratica Livorno ha elaborato un rapporto in cui puntava il dito contro quel deposito considerato “ad alto rischio” per “incidenti catastrofici, sversamenti silenziosi e impatto sulla salute”.
L’allarme
Il primo allarme, come rilevato dal sistema telematico di gestione del deposito, risulterebbe alle ore 10, 21 minuti e 30 secondi: un autotrasportatore ha azionato il comando di stop a segnalare un’anomalia per poi fuggire, sebbene sia rimasto seriamente ferito. Ci sono altri sistemi di allarme interni all’impianto?
L’innesco e l’esplosione
Esclusa l’ipotesi di un sabotaggio, la Procura è a caccia dell’innesco e sta lavorando su varie ipotesi da quella di natura elettrica a quella di natura meccanica: anche l’uso di un cellulare non ammesso nel sito o un banale urto, quando siamo in presenza di vapori accumulati.
La sicurezza del sito
Uno degli autotrasportatori deceduti nello scoppio, Vincenzo Martinelli, 51 anni di Prato, in una lettera dell’ottobre scorso che pare sia negli atti raccolti in queste ore dalla Procura, pubblicata da ’Repubblica’, evidenzia la presenza di continue anomalie sulla base di carico. Un altro punta derimente è su chi doveva e poteva trovarsi in quel piazzale dell’impianto Eni.
Autopsie e indagati
Al momento non ci sono iscritti nel registro degli indagati, anche se è probabile che vi siano per consentire l’esecuzione delle autopsie. Il procuratore ha nominato tre medici legali, affiancati da un esperto genetista e da un antropologo forense.
Gli interrogativi
La riflessione emersa fin dalle prime ore dopo la tragedia è sull’opportunità o meno di continuare a mantenere il deposito in quella ampia porzione della Piana tra Firenze, Calenzano e Prato, con insediamenti produttivi, case, strutture sportive e commerciali e infrastrutture come la ferrovia, l’autostrada, l’aeroporto, l’interporto. Quando il deposito Eni fu aperto nel 1956 era in piena campagna.
sa. be.