REDAZIONE FIRENZE

Esplosione Calenzano, nessun danno ambientale per la nube. Intervento sui corsi d’acqua

Il depuratore dell’impianto Eni si era bloccato a causa dell’afflusso eccessivo delle acque usate per spegnere le fiamme. Così si è intervenuti per salvaguardare i fiumi

Firenze, 10 dicembre 2024 – L’esplosione e l’incendio di Calenzano hanno immediatamente suscitato timori negli abitanti della zona e dei comuni limitrofi per il rischio di inquinamento. La paurosa nube nera che si levava dal deposito Eni di via Erbosa non lasciava certo tranquilli; ci sono poi i corsi d’acqua, con il Garille che lambisce l’impianto e la Marina che scorre a poche centinaia di metri.

I risultati delle analisi dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale permettono di essere più tranquilli. Secondo il report dell’Arpat, l’incendio è durato meno di un’ora e i rilevamenti della stazione meteo della Regione Toscana più vicina all’evento (vicino alla discarica di Case Passerini) “si è evidenziato che i fumi si sono innalzati per una quota stimabile in 100-200 metri dal piano di campagna per effetto della differente densità rispetto all’atmosfera, per poi stabilizzarsi per effetto del vento teso in quota”.

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Il deposito Eni di Calenzano (foto Germogli)

Grazie alla durata “limitata” dell’incendio. il vento avrebbe quindi disperso la nube “in tempi relativamente brevi” e di conseguenza, le concentrazioni in aria a livello del suolo, “sono state ritenute trascurabili”. Talmente trascurabili che Arpat non ha nemmeno ravvisato la necessità “di prelievo di campioni al suolo”.

Nel corso del sopralluogo allo stabilimento sui corsi d’acqua superficiale, invece, i tecnici dell’Agenzia hanno verificato che l’impianto di trattamento delle acque reflue era bloccato a causa dell’eccesso di reflui accumulati a seguito della raccolta delle acque di spegnimento dell’incendio. L’impianto stava quindi scaricando acque non depurate, per il traboccamento del ‘troppo pieno’ nel fosso Tomarello, quindi è stato richiesto immediatamente a Eni di effettuare le manovre per interrompere lo sversamento, dirottando le acque in vasche interne all’impianto. Le acque sversate, infatti contenevano essenzialmente prodotti schiumogeni utilizzati per lo spegnimento, mentre i residui di idrocarburi sono risultati limitati.

D’accordo con il Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno è stato così deciso di chiudere la paratia del collettore di bonifica nel quale recapita il fosso Tomarello, per gestire in maniera meno impattante il deflusso nei fiumi Bisenzio e Arno. Al contempo Eni ha attivato Labromare per gli interventi di bonifica e per il ripristino della funzionalità del depuratore.

Nelle prossime ore l’Arpat spiega che “verificherà ulteriormente le attività di gestione dell’acqua da parte di Eni”.