Calenzano (Firenze), 9 gennaio 2024 – I lavori di manutenzione non potevano essere eseguiti mentre erano in corso i rifornimenti di carburante degli autoarticolati. E’ uno dei primi punti fermi che la procura di Prato, guidata da Luca Tescaroli, ha messo sulla strage del 9 dicembre scorso al deposito Eni di via Erbosa a Calenzano. A un mese esatto dalla tragedia, costata la vita a tre autotrasportatori (Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso e Davide Baronti) e a due operai della Sergen srl di Grumento Nova (Franco Cirelli e Gerardo Pepe), la procura, insieme ai consulenti e agli investigatori (carabinieri, vigili del fuoco e tecnici del dipartimento di prevenzione dell’Asl) è tornata sul luogo del disastro per un nuovo sopralluogo. Contemporaneamente il procuratore ha disposto ulteriori perquisizioni ritenute propedeutiche all’iscrizione dei primi indagati che potrebbe arrivare a breve. L’inchiesta è aperta con le ipotesi di reato di omicidio colposo plurimo, crollo doloso di costruzioni o altri disastri e rimozione o omissione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro.
Le perquisizioni di ieri sono state eseguite a carico di quattro soggetti, sia persone fisiche che giuridiche. Oltre alle sedi di Eni e Sergen, sono stati perquisiti personalmente il responsabile del deposito di Eni di Calenzano e il project manager incaricato da Eni di eseguire il sopralluogo, insieme ai tecnici della Sergen, in vista dei lavori di manutenzione che sarebbero partiti da lì a poco. In particolare i carabinieri sono andati a caccia del verbale di quel sopralluogo – che viene citato in altri atti e documenti acquisiti in precedenza – per risalire alle singole responsabilità, per capire chi ha autorizzato i lavori, come si sarebbero dovuti svolgere e in che cosa consistessero.
Gli occhi continuano a essere puntati dunque sulla manutenzione in corso fra le “baie” 6 e 7 dove è avvenuta l’esplosione che ha travolto le cinque vittime e che ha provocato danni ingenti alle case e alle aziende circostanti. Per la procura è chiaro, adesso, che gli interventi di manutenzione alla condotta dismessa non potevano essere eseguiti in contemporanea ai rifornimenti. Un punto considerato centrale nelle indagini: la vicinanza degli operai che lavoravano sul carrello elevatore e dei camion che facevano rifornimento è stato un grave azzardo.
Il sopralluogo di ieri al deposito di carburanti, ancora sotto sequestro, ha avuto “l’obiettivo di individuare le cause dell’esplosione e le indagini hanno carattere di assoluta priorità”, ha spiegato Tescaroli in una nota. La dinamica dell’incidente è piuttosto chiara grazie alle immagini di una telecamere di sorveglianza dell’impianto che ha ripreso il momento dello scoppio. Nelle immagini si vede l’abbondante fuoriuscita di liquido e la formazione di una densa nube a ridosso delle baie di carico dove è avvenuto lo scoppio, mentre due lavoratori, che indossano una tuta bianca, sono impegnati in una lavorazione su un carrello elevatore. I due meccanici stanno operando in altezza in prossimità del luogo nel quale c’era una tubazione posta sulla struttura pensile, che, in corrispondenza di due flange, era priva di due bulloni di sicurezza, come ha appurato la procura, in seguito a uno dei primi sopralluoghi dopo il disastro.
La fuoriuscita di liquido in prossimità dei lavori e delle autocisterne che stavano facendo rifornimento ha dato origini all’esplosione. L’ultima parola sulla dinamica, comunque, spetterà solo alla perizia tecnica che sarà consegnata a metà febbraio.
Oltre a passare al setaccio il piano di emergenza interno, la procura sta facendo approfondimenti sul piano di sicurezza esterna, risalente al 2021, per valutare i rischi e l’impatto che il deposito poteva avere sulla zona in cui insiste, un’area altamente urbanizzata e abitata. Gli accertamenti su questo secondo piano sono ancora in corso.