Calenzano (Firenze), 11 dicembre 2024 – Un malfunzionamento all’impianto. Sarebbe questa la causa che ha scatenato, lunedì mattina, prima l’esplosione e poi l’incendio al deposito di carburanti Eni a Calenzano. Nella tragedia sono rimaste uccise cinque persone, tre autisti e due manutentori (nessuno era dipendente Eni), oltre a nove feriti di cui due in maniera molto grave. Si tratta comunque di una delle prime ipotesi avanzate dai vigili del fuoco durante i sopralluoghi sul sito del disastro: dovrà trovare conferma nelle indagini della procura di Prato.
Il procuratore Luca Tescaroli, che segue di persona l’evolversi della situazione insieme al pm Massimo Petrocchi, ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo, lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e disastro colposo. Lo scoppio, che ha provocato la “nube bianca” e il successivo incendio, è partito dalla pensilina numero sei dove un’autocisterna stava facendo rifornimento. Le pensiline – travolte dall’onda d’urto con un effetto domino – sono in tutto dieci e in quel momento, nell’area, erano presenti cinque autoarticolati, i rispettivi conducenti e due manutentori di una ditta esterna che stavano eseguendo dei lavori per conto di Eni.
A lanciare l’allarme è stato uno degli operatori che si trovava sotto le pensiline: è stato lui a schiacciare il pulsante di allarme alle 10.21 e 30 secondi bloccando l’impianto. Un orario che differisce leggermente da quello dei sismografi della zona che hanno registrato la scossa intorno alle 10.20. La differenza potrebbe trovare una spiegazione semplicemente nella regolazione dell’ora degli orologi.
Alla prima esplosione, quella più violenta che ha travolto le cinque vittime, ne sono seguite altre due più lievi. L’uomo che ha lanciato l’allarme è ricoverato a Pisa in gravissime condizioni tanto che la Procura non ha potuto sentire la sua testimonianza ritenuta rilevante. È stato, invece, ascoltato un altro testimone presente nel piazzale al momento dello scoppio. È stato lui a riferire di aver visto uscire del liquido dal bocchettone del rifornimento. “Credevo si trattasse di acqua, poi ho sentito odore di benzina e sono scappato”, ha detto. I corpi dei cinque dispersi sono stati tutti ritrovati. La Procura ha disposto l’esame del Dna per l’identificazione dei cadaveri. Il procuratore Tescaroli ha nominato quattro consulenti tecnici, più un ausiliario. Fra questi ci sono due esperti di esplosivi che hanno lavorato sulle stragi di Capaci e quelle del ’92-’93. Si tratta di Renzo Cabrino e Roberto Vassale, chimico esplosivista ed esplosivista. La consulenza dovrà chiarire quale sia stato il luogo esatto dell’innesco, la causa dell’esplosione e come si è sviluppato l’incendio.
La Procura ha posto il deposito sotto sequestro e sta acquisendo la documentazione non solo da Eni ma anche dalle ditte di cui le cinque vittime erano dipendenti. Da chiarire se ci sono le condizioni di sicurezza per mantenere il deposito in quel luogo. Intanto Eni fa sapere di essere vicina ai familiari delle vittime e di essere già in contatto con la Procura per collaborare alle indagini. Al contempo definisce “prematura” qualsiasi ipotesi sulla natura del disastro.