FRANCESCO
Cronaca

Estetica ospedaliera fiorentina

L'importanza dell'estetica nell'architettura ospedaliera a Firenze: un'analisi dei progetti di design e ricerca condotti da professionisti del settore.

Gurrieri

E perché l’architettura ospedaliera e il suo design di interni non dovrebbero avere una loro estetica? Sono strutture pubbliche primarie e dunque la loro conformazione, il loro aspetto, la loro gradevolezza e la capacità di dialogare anche con la città è tutt’altro che secondaria. A Firenze non è andata male: Torregalli fu realizzato da Pier Luigi Spadolini con Paolo Felli (suo allievo), Ponte a Niccheri da Ardinghi e Donzelli, il Cto ancora da Spadolini. Per Santa Maria Nuova bisogna andare alla Firenze di Dante, ai Portinari e, più tardi, all’Ammannati, coscienti di trovarsi nel cuore della Firenze monumentale. Per Careggi il problema è più complesso, essendo questo una stratificazione ininterrotta di reparti, fino agli ultimi lavori in corso a cui, tuttavia, è sempre stata riconosciuta la primazia clinica (forse anche perché azienda “universitaria”).

Ne parlo non a caso, essendo stato frequentatore involontario di alcune di codeste strutture. Dicevo, appunto, che a Firenze è andata bene a fronte di tanta anonimia che ha caratterizzato l’edilizia ospedaliera italiana. Romano Del Nord, Paolo Felli, Antonio Andreucci (che costituirono il Cspe, ora arricchito dalla presenza giovanile di Giulio Felli, soprattutto per il Meyer), sono stati garanti di un buon, quando non ottimo, livello estetico dei nostri ospedali. Non è un caso che Pier Luigi Spadolini ebbe la responsabilità della prima cattedra di “Industrial Design” nell’Università italiana. E che gli architetti del Cspe facessero anche ricerca internazionale sull’evolversi dell’edilizia sanitaria (soprattutto Romano Del Nord coadiuvato da Cristina Donati) è un dettaglio di non poco conto. Nel senso che c’è da esser fieri che, proprio a Firenze, non solo si progettava ma si faceva ricerca, indispensabile a ogni evoluzione disciplinare.