GABRIELE MANFRIN
Cronaca

"Fermate le aggressioni". A Careggi tre casi a settimana. E le donne sono nel mirino

Sit in dei sindacati davanti alla cittadella universitaria e Torregalli dopo il boom di segnalazioni. Nell’ultimo anno +43% in tutta la regione. Sette denunce su dieci dal personale femminile.

La protesta di ieri mattina davanti a Careggi

La protesta di ieri mattina davanti a Careggi

Curano, assistono e salvano le vite. In cambio rischiano insulti, minacce, spinte e, nei casi peggiori, anche botte e percosse. Le aggressioni al personale sanitario, nel solo ospedale fiorentino di Careggi, nel 2024 sono state 150, circa il venti per cento in più rispetto all’anno precedente. Un fenomeno che coinvolge tre operatori ogni singola settimana (in maggioranza donne) e che non accenna a diminuire. Persone che vanno a fare il proprio mestiere "ma che non si sentono sicure", sembrano parlare con una voce sola i lavoratori di Careggi e Torregalli che ieri mattina davanti ai due ospedali hanno dato vita a un flash mob insieme alla Fp Cgil. Sono in scesi in piazza al grido di "stop aggressioni", distribuendo volantini e alzando la voce per ribadire le loro richieste. "Più telecamere, più sorveglianza, più tutele per il personale". Del resto la violenza non risparmia nessuna figura: Infermieri, medici e operatori socio-sanitari sono i più esposti, ma le aggressioni e gli insulti hanno coinvolto anche gli amministrativi. I pronto soccorso e i servizi di emergenza restano sicuramente i più a rischio, ma non sono mancate tensioni neanche ai front office adibiti alle prenotazioni. Così come ai reparti di salute mentale, di trattamento delle dipendenze e di degenza geriatrica.

Delineare un profilo dell’aggressore ’tipico’ non è così scontato. Come ricordano dalla Cgil, appunto, spesso è il paziente, in casi meno frequenti è un parente o un caregiver (un famigliare o un caro che si occupa del malato). Purtroppo il fenomeno non riguarda solo Careggi, ma si estende all’intero sistema sanitario locale e regionale. Nel solo 2024, l’Usl Toscana Centro ha registrato 637 aggressioni, di cui 457 ai danni delle donne. Un dato che mette in luce la gravità della situazione ma che è ancora più significativo se si considera che, nel 2023, in tutta la Toscana, le aggressioni sono aumentate del 43% rispetto all’anno precedente. Duemilatrecento gli episodi registrati, contro i 1258 del 2022. Anche in questo caso per oltre il 70 per cento è rimasto coinvolto il personale femminile.

Cos’è che spinge ad aggredire il personale sanitario? Lunghe attese, difficoltà nell’accesso alle cure e un sistema sanitario sempre più sotto pressione. Ed è anche verso questa direzione che spingono le richieste di questi lavoratori, che ogni giorno "vivono in un clima di tensione e paura". In primis chiedono un aumento di personale, per alleggerire il sistema, ridurre le attese e abbassare la tensione. Ma oltre alle assunzioni servono anche misure concrete e l’aumento della sicurezza nei presidi sanitari è la priorità assoluta. Tra le misure richieste l’introduzione del ‘braccialetto di emergenza’: un dispositivo che permette in caso di pericolo di attivare un allarme istantaneo con un tocco. Questo avvisa colleghi e sicurezza garantendo una risposta rapida.

Ma non è tutto, gli operatori sanitari reclamano la creazione di un servizio di sicurezza adeguato. Una squadra formata da professionisti esperti che sappia gestire un primo approccio d’intervento in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine.

"Si deve eliminare il nome per esteso dalla divisa e sostituirlo con un identificativo per tutelare privacy e sicurezza anche fuori dal luogo di lavoro". Le richieste, però, non si fermano alla protezione fisica ma suggeriscono di agire anche sul lato della formazione. Serve sia per gli operatori, con corsi finalizzati alla gestione delle situazioni di conflitto e di tensione e più risorse per il sostegno psicologico, sia dal lato della popolazione, con campagne informative e di sensibilizzazione contro le aggressioni al personale sanitario. Insomma lo "Stop alle aggressioni", come ‘gridava’ il maxi cartello esposto per le proteste di ieri, non sembra più rimandabile.