di Francesco Ingardia
Alla nottata è sopravvissuta. Ed è già una notizia che alimenta una speranza, seppur flebile, dato il quadro clinico "gravissimo". Il miracolo nella tragedia, quello della piccola di 6 anni che con le unghie e con i denti sta cercando di rimanere aggrappata alla vita. L’unica sopravvissuta alla presunta intossicazione da monossido di carbonio. Il killer silenzioso che ha tolto la vita per le inalazioni alla famiglia Racheli allargata, residente in una villetta di pregio in via San Felice a Ema: il padre Matteo 49enne, il fratellino Elio di 11 anni e la madre 46enne Alcione Margarida, di origini brasiliane.
La piccola dal pomeriggio di ieri si trova ricoverata all’ospedale pediatrico Meyer. In prognosi riservata, sedata e in pericolo di vita. Il primo bollettino aggiornato dei sanitari è arrivato ieri mattina. "La bambina rimane in condizioni critiche, gravissime, seppur stabili, ma in pericolo di vita - chiarisce la dottoressa Francesca Menegazzo, medico dello staff direzione sanitaria Aou Meyer Irccs, da circa otto anni a Firenze - . Nella notte è stato possibile effettuare una prima seduta di ossigenoterapia in camera iperbarica presso Careggi. La prognosi rimane riservata, non sussitono le condizioni per poterla sciogliere. Nelle prossime ore sono previste ulteriori sedute. Ci stiamo concentrando su tutto, sul sostegno delle funzioni vitali, su accertamenti di prima battuta fatti in fasi acuta. Con tempistiche diverse, in orari diversi verranno fatti altri accertamenti e somministrate le terapie col timing corretto. La situazione rimane molto severa".
Il medico, a domanda precisa, rispetto alle lesioni riportate dalla bambina al momento dell’accesso in ospedale ha chiarito come queste siano "compatibili con l’ipotesi di intossicazione da monossido di carbonio". Ma da profani, non resta che interrogarsi come sia possibile che una bambina in età così tenera sia riuscita a sopravvivere, a differenza dei genitori, adulti. "Ci stiamo interrogando sullo stesso quesito - ammette Menegazzo -. Non è uno scenario che ci sia capitato normalmente. Di solito sono i bambini a riportare una intossicazione più severa rispetto agli adulti presenti nella medesima stanza".
In generale, infatti, nelle intossicazioni da monossido, gli organi colpiti maggiormente e in modo più importante sono il cuore e il cervello. La terapia d’urto necessaria è quella dell’ossigenoterapia in camera iperbarica. Che, in buona sostanza, è impiegata per "riuscire a scalzare il legame del monossido dall’emoglobina in modo tale da rendere nuovamente libera l’emoglobina perché possa agganciare l’ossigeno e quindi rendere disponibile l’ossigeno nel corpo", la spiegazione tecnica del medico dello staff sanitario.
Il problema, in casi come questi, è la natura, fortissima, del legame tra emoglobina e monossido di carbonio. Circa 250 volte superiore a quello dell’ossigeno. Soltanto tac o risonanze cerebrali effettuate in serie, potranno rivelare il quantum del danno anossico riportato dalla piccola. Ovvero il grado di compromissione degli organi riportati per il mancato afflusso dell’ossigeno tanto al cuore quanto al cervello. In ogni caso, appare evidente come le manovre di rianimazione praticate dai soccorritori sul posto siano stati determinanti.
Nel tardo pomeriggio, l’ultimo bollettino del Meyer: "La bambina è tornata in camera iperbarica e al momento le sue condizioni sono sempre stazionarie e stabili. Sono inoltre arrivati alcuni parenti che hanno ricevuto le notizie sanitarie dai medici. I familiari si sono resi disponibili a supportare la bambina". Nella tragedia, non resta che aggrapparsi alla speranza di un miracolo, di una luce bianca nel corpicino di una bambina di 6 anni che sta lottando come un gladiatore in un’arena dell’Antica Roma.