Firenze, 5 maggio 2017 - «Era il novembre del 2015 quando andammo dal vescovo Mario Meini a riferire cosa stava facendo il Fiesoli. Se ci avesse ascoltato avremmo evitato questo scandalo. E glielo dice una cristiana che crede profondamente». A raccontarlo è Augusta Gaiarin, che è stata un’insegnante, anche dei ragazzi ospiti del Forteto. Assieme a Lisa Santoni, entrambe di Dicomano, si presero la briga di informare il vescovo di Fiesole perché il profeta si era avvicinato «pesantemente» alla chiesa, facendo anche il «ministrante», ovvero l’aiuto del prete durante la funzione.
Prima, Rodolfo Fiesoli ha frequentato la parrocchia di Pelago. Poi, successivamente, quella più piccola e isolata del Diacceto. Potrebbe non essere casuale, questo percorso, in qualche modo studiato per evitare che il suo tentativo di ricostruirsi una verginità a cominciare dalla fede potesse diventare un boomerang. Come in effetti è stato. Ma non lo è stato soltanto per lui.
Forse anche le autorità ecclesiastiche hanno sottovalutato le capacità relazionali di Fiesoli. Forse non pensavano che fosse capace di inserirsi così rapidamente in una nuova comunità. Che fosse in grado di conquistare la fiducia del tranquillo don Emmanuel, il parroco originario del Congo a cui il profeta fa il chierichetto. Il nostro giornale ha documentato la funzione di sabato scorso, ha cristallizzato quella stridente vicinanza con i bambini della piccola frazione dell’alta Valdisieve presenti nella chiesa per la prima Comunione.
Lui, Fiesoli, il padre padrone del Forteto condannato definitivamente a due anni nel 1985 per molestie sessuali ai danni di un minorato psichico, una condanna in Appello a quindici anni e dieci mesi, un processo con accuse fotocopia tutt’ora in corso: è giusto che, anche se non ha alcuna restrizione da parte della magistratura, sia «libero» di frequentare ogni luogo, specie dove ci sono bambini?
C’è imbarazzo, per questa smaccata contraddizione. Nel colloquio con la massima autorità ecclesiastica della Curia fiesolana, le due fedeli hanno inoltre «denunciato» una circostanza che era già emersa in altre parrocchie frequentate dal Fiesoli: e cioè il fatto che un suo figlio adottivo, portatore di handicap, venga accompagnato a far la Comunione nonostante non fosse battezzato. Già perché stando anche ai racconti contenuti nelle carte processuali, i membri della comunità del Forteto non hanno mai praticato. Nonostante le origini di parrocchia, si narra di un Fiesoli provocatorio e blasfemo nei confronti dei riti e delle figure cattoliche. In netto contrasto con l’immagine odierna.