LAVINIA BENI
Cronaca

Fine vita, il sì dei fiorentini: "Basta schiavitù del dolore. La Toscana sia un modello"

La nuova legge regionale accoglie i favori di gran parte delle persone . I giovani tra i maggiori sostenitori: "Scegliere come morire è un atto di civiltà". Ma c’è chi dice no: "La politica si appella al diritto di scelta solo a convenienza".

La nuova legge regionale accoglie i favori di gran parte delle persone . I giovani tra i maggiori sostenitori: "Scegliere come morire è un atto di civiltà". Ma c’è chi dice no: "La politica si appella al diritto di scelta solo a convenienza".

La nuova legge regionale accoglie i favori di gran parte delle persone . I giovani tra i maggiori sostenitori: "Scegliere come morire è un atto di civiltà". Ma c’è chi dice no: "La politica si appella al diritto di scelta solo a convenienza".

A due giorni dalla decisione da parte della Regione Toscana di regolamentare le procedure sul suicidio assistito, i cittadini hanno iniziato subito a domandare e a indagarsi sulla questione. Il territorio toscano è stato il primo, fra tutte le altre aree italiane, ad aver promulgato una legge sul fine vita.

Per strada, nelle case, nelle università e a lavoro il tema ha fatto discutere. La maggior parte delle persone, però, ha trovato giusta questa decisione. Il tema apre a molti spunti di riflessione: la dignità, la libertà, la fede, il dolore. Elena Manoli ci racconta la sua storia.

"Ho scoperto di avere un tumore a ventritré anni. Dovresti pensare ai sogni, a costruire il tuo futuro. Invece, mi sono ritrovata a fare i conti con il dolore e la fragilità del corpo. Ho capito il vero significato della vita, che non è solo respirare, ma è vivere davvero, senza essere schiavi del dolore. Per questo penso che il suicidio assistito sia un passo giusto. Nessuno dovrebbe essere costretto a sopportare una pena che diventa tortura, senza una speranza di guarigione". Elena è credente e ci tiene a specificare che "nella fede, il dolore può avere un significato. Ma credo anche che Dio sia amore e l’amore non può essere costrizione".

Chi conosce il peso della malattia, secondo Patrizia Gori, non può essere contrario: "Io ancora non sono fuori dai cinque anni di cancro, anche se sto bene. Ma ho sempre pensato: se un domani dovesse succedere l’inevitabile, io vorrei poter chiudere gli occhi con dignità e senza sofferenza. Rispettare la vita significa che io ti prendo per mano e ti aiuto".

Anche Stefano Baldassarri, classe 1958, nella sua vita ha sperimentato uno forte dolore. "Se penso ai malati terminali, e io ho sempre in testa gli occhi di mia mamma, sono certo che lei avrebbe voluto, legge permettendo, non ridursi ad uno scheletro dolente pieno di metastasi. Chi è contrario non può pretendere di imporre i propri convincimenti personali a nessuno, tanto meno per legge".

Stefania Bonechi vede questo atto come un passo "straordinario". "Io ho sessantuno anni e penso che la legislazione spinga in un’unica direzione, che poi è quella della vita a tutti i costi. Penso che questa legge verrà ostacolata in ogni modo possibile, soprattutto dalle istituzioni, sia laiche che religiose. Non capisco l’arroganza di ergersi a giudice e giuria della vita di qualcun altro".

Secondo Claudia Pezzati: "Finché c’è vita c’è speranza, ma sono contraria all’accanimento terapeutico che porta sofferenza alla sofferenza". Sono molti i giovani che approvano la legge. Secondo Giorgia Gugliotti: "Penso che le persone della mia generazione accoglieranno positivamente questa notizia, mentre il resto potrebbe storcere il naso".

Francesco Rosselli si rifà alla storia: "Spero che le altre regioni possano prendere la Toscana a esempio. Il Granducato fu il primo ad abolire la pena di morte". Giulia Di Stefano dichiara: "Sono contenta che la regione dove vivo abbia fatto da apripista su un tema così importante". Secondo Martina Salvadori, il tema è sempre stato affrontato in maniera teorica: "Finalmente le cose si stanno muovendo anche nel pratico". Matteo Naselli è contento ma è anche pensieroso: "La legge sarà accolta con scandalo e dissenso".

E c’è chi non è d’accordo, come Lorenzo Ciampi, classe 1966: "La legge non dovrebbe essere discussa a livello regionale, ma dovrebbe occuparsene lo Stato. Mi sembra che la politica si appelli al diritto di scelta solo in specifici momenti, a convenienza.". Anche Leonardo Batistini, consigliere comunale Q4, non è a favore: "È una questione troppo delicata per trattarla su base regionale. Lo Stato deve in primis rispettare il malato a 360 gradi: occuparsi di lui anche quando aspetta per la possibilità di una Tac che pare che non arrivi mai".