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Fine vita, in tre a processo. Aiutarono malato di Sla. Cappato: "Dovere morale"

Imputazione coatta per il tesoriere della Coscioni, Felicetta Maltese e Chiara Lalli. Accompagnarono un 44enne toscano in Svizzera per il suicidio assistito. "Azione di disobbedienza civile, massimo rispetto per la decisione del giudice".

Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni

Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni

di Pietro Mecarozzi

"Lo abbiamo aiutato perché nostro dovere morale farlo, sapevamo che la nostra era un’azione di disobbedienza civile. Quindi massimo rispetto per la decisione del giudice". Marco Cappato ha la voce calma. Ci è già passato. Non è la prima volta, ma si spera possa essere l’ultima.

Per lui, Felicetta Maltese e Chiara Lalli ci sarà l’imputazione coatta, in quanto accusati di aiuto al suicidio per aver accompagnato nel 2022 Massimiliano - un 44enne della provincia di Livorno malato di Sla - in Svizzera, dove poté morire col suicidio assistito. Lo ha ordinato il gip di Firenze, Agnese di Girolamo, che ha respinto la richiesta di archiviazione proposta dalla procura. I tre rischiano una condanna da 5 a 12 anni di carcere.

Per il pm Carmine Pizzaroli, sia Cappato sia le altre due attiviste non ebbero una condotta da ricollegarsi alla volontà del paziente di essere aiutato a suicidarsi. Ma la giudice ha dato un’indicazione opposta, rinviando gli atti al pubblico ministero e ordinando che entro dieci giorni formuli l’imputazione coatta ai tre accusati. Poi, sull’eventuale rinvio a giudizio, deciderà un altro giudice in udienza preliminare.

"Lo avevamo messo in conto – continua Cappato – non abbiamo mai chiesto e mai chiederemo una sorta di impunità. Chiediamo solo che quanto deciso dalla Corte costituzionale sia applicato, che ci siano delle regole e vengano riconosciuti i diritti di queste perone".

La gip ha anche rilevato che, come stabilito nella sentenza 135 del 2024, la Corte costituzionale "ha sottolineato la necessità di una valutazione da parte di una struttura pubblica del sistema sanitario nazionale". In altre parole, ai fini di stabilire se Massimiliano rientrasse nei requisiti previsti dalla legge italiana, si nega l’equivalenza della verifica delle condizioni del paziente fatta in Svizzera rispetto a una verifica fatta in Italia.

"Tutte le analisi mediche di Massimiliano – puntualizza però Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – sono state prodotte anche dal Sistema nazionale italiano, presso cui era in cura".

Inoltre, la decisione di Massimilano di "andare in Svizzera – aggiunge – è arrivata prima della sentenza della Corte costituzionale di luglio, prima della legge della Regione Toscana. Il quadro italiano in quel momento non forniva abbastanza garanzie di tempi e procedure. Per questo ci siamo sentiti in dovere di aiutarlo".

Cappato ricorda anche gli importanti appuntamenti dei prossimi giorni. Domani, per esempio, "si terrà una nuova udienza in Corte costituzionale in cui i giudici dovranno esprimersi su altri due casi rilevanti: quello di Elena, una malata oncologica terminale, e quello di Romano, affetto da patologia neurodegenerativa che, come Massimiliano, richiedeva assistenza costante di terze persone per la sua sopravvivenza".

Infine, mercoledì è prevista "la riunione della Conferenza Stato-Regioni con all’ordine del giorno anche il tema del fine vita, dopo l’approvazione da parte del Consiglio regionale della Toscana della legge di iniziativa popolare dell’associazione Luca Coscioni ‘Liberi subito’".

Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, e Cappato, infatti, hanno chiesto ai presidenti di Regione e agli assessori alla Sanità di emanare un atto che recepisca a livello nazionale le regole approvate in Toscana.