Fine vita, svolta della Corte Costituzionale. Allarga i casi e dà la parola ai giudici

Dichiarata infondata la questione di legittimità sollevata dal gip di Firenze

Fine vita, svolta della Corte Costituzionale. Allarga i casi e dà la parola ai giudici

Fine vita, svolta della Corte Costituzionale. Allarga i casi e dà la parola ai giudici

La Corte Costituzionale ha dichiarato infondata una questione di legittimità costituzionale sollevata dal gip di Firenze sul suicidio assistito, cioè la possibilità di auto-somministrarsi un farmaco letale a determinate condizioni. La questione riguardava il requisito del "trattamento di sostegno vitale" per poter ricorrere al suicidio, come l’essere tenuti in vita da un respiratore meccanico: attualmente è obbligatorio, ma contestato da tempo da attivisti e associazioni perché ritenuto troppo vago e discriminatorio. La Corte ha mantenuto in vigore il requisito e allargato le maglie sul fine vita con una rivoluzione a metà.

Vengono anche ribaditi i principi della “sentenza Dj Fabo” del 2019 ma i paletti fissati da quel verdetto sono stati spostati: nelle richieste dei pazienti non si terrà soltanto in considerazione il fatto che siano legati a delle macchine per la loro sopravvivenza. La nozione di sostegno vitale includerà anche alcune pratiche svolte dai caregiver o dai familiari che assistono la persona malata. E sul tema c’è anche una sorta di monito della Corte, che esprime "il forte auspicio che il legislatore e il servizio sanitario nazionale assicurino concreta e puntuale attuazione ai principi fissati dalla propria precedente sentenza".

Il caso di partenza era quello del toscano Massimiliano, morto in Svizzera a 44 anni grazie all’eutanasia. L’uomo, affetto da sclerosi multipla, tetraplegico e non più autonomo da anni, nel 2022 aveva lanciato un appello tramite l’associazione Luca Coscioni per accedere in Italia, a casa sua, al suicidio medicalmente assistito.

Dato il prolungarsi dei tempi d’attesa per la decisione della Asl e dei giudici regionali, e le sofferenze insopportabili, Massimiliano era stato accompagnato in Svizzera per accedere alla morte volontaria accompagnato da Marco Cappato (nella foto), Felicetta Maltese e Chiara Lalli, che si erano autodenunciati al rientro per un atto di ‘disobbedienza civile’. La procura di Firenze aprì un’inchiesta. Se condannati dai giudici costituzionali, i tre rischiavano fino a 12 anni di reclusione. "La Corte costituzionale con questa sentenza interpretativa di rigetto di fatto allarga il significato delle terapie di sostegno vitale", ha commentato Gianni Baldini, uno degli avvocati che ha seguito il caso di Firenze.