Il fiorentino condannato a Cuba: “Ignorate le prove in mia difesa”

Già al processo, Simone Pini aveva fornito il biglietto del volo con cui tornò sull’isola dopo l’omicidio

Simone Pini in una foto di alcuni anni fa. Oggi Pini ha 56 anni, e dal giugno del 2010 è detenuto nelle carceri di Cuba. Deve scontare una condanna a 25 anni per la morte di una giovane prostituta

Simone Pini in una foto di alcuni anni fa. Oggi Pini ha 56 anni, e dal giugno del 2010 è detenuto nelle carceri di Cuba. Deve scontare una condanna a 25 anni per la morte di una giovane prostituta

Firenze, 23 settembre 2024 – Simone Pini, il fiorentino 56enne detenuto a la Condesa di Cuba da più di 14 anni con l’accusa di aver partecipato a un festino a base di sesso e droga in cui perse la vita una ragazzina di 12 anni, s’imbarcò alla volta dell’isola il 24 maggio del 2010. Ovvero undici giorni dopo la serata in cui, le autorità cubana, collocano il delitto di cui Pini è stato accusato assieme ad altri due italiani, Angelo Malavasi e Luigi Sartorio.

Soltanto quest’ultimo, condannato a una pena inferiore rispetto ai 25 anni inflitti a Pini e Malavasi, è riuscito a far rientro in Italia, dopo che gli è stato diagnosticato un grave problema di salute. Oggi, dopo un periodo di semilibertà, ha ottenuto l’affidamento in prova ed è di fatto un uomo libero: di lavorare, di camminare, di rispondere al telefono. E di impegnarsi per l’amico Simone. “Ho portato a casa la vita e la testa”, dice Sartorio riferendosi alla difficile condizioni carcerarie di Cuba.

Condizioni che Pini descrive nella lunga lettera, inviata proprio a Sartorio, indirizzata alla premier Giorgia Meloni, con cui chiede che l’Italia s’interessi al caso e riporti i detenuti a casa a scontare il resto della loro pena. Prospettiva contemplata anche dalla legge cubana “al compimento della metà della loro pena quando il reo ha i requisiti del buon comportamento - scrive Pini -. Detto beneficio ci è stato negato più volte senza un solo motivo plausibile”.

Ma il fiorentino, rivolgendosi direttamente alla premier, elenca anche le violazioni dei diritti subìti; violazioni che sarebbero iniziate con l’estorsione di confessioni per i fatti oggetto del procedimento, fino al processo a suo carico celebratosi, denuncia Pini, senza alcuna difesa. E senza che egli potesse provare il punto centrale della sua tesi difensiva: l’assenza da Cuba.

Il tribunale non avrebbe preso in considerazione alcune prove della permanenza di Pini a Firenze tra marzo e il 24 maggio del 2010. Tra questi, un intervento agli occhi presso l’ospedale di Careggi e una successiva convalescenza a casa del padre, Gino, morto negli scorsi anni senza aver più rivisto suo figlio. In quel periodo di permanenza in Italia, Pini avrebbe lasciato tracce di sé anche con una ricarica Postepay e compiendo alcune chiamate alla moglie a Cuba (da cui ha avuto un figlio che oggi ha più di vent’anni).

Ma la prova “regina“ è il biglietto aereo della compagnia Blue Panorama con cui, il 24 maggio 2010, s’imbarcò da Roma per Santiago de Cuba. Ma oggi c’è di più. Pini ha avuto accesso - grazie a una riforma introdotta a Cuba nel 2022 - anche al proprio fascicolo personale. Il detenuto è quindi entrato in possesso dei propri flussi migratori che certificano che, il giorno dell’omicidio, era in Italia. Una prova che invece, al processo, non è mai riuscito a produrre.

“Adesso quelle prove le ho in mano anche io” e “attualmente quei dati così importanti sono pure in Italia”, dice alla Meloni. Copia di questa documentazione, riferisce ancora Pini nella sua lettera, è stata consegnata anche all’ambasciata italiana a Cuba. Basterà questa “svolta“ a portarlo via da “una galera durissima, disumana, affamata, dove non mi danno neanche le medicine di cui ho bisogno né cure mediche specialistiche”? “Neanche attualmente mi sento materialmente e legalmente assistito - denuncia ancora il fiorentino -, non ho mai ricevuto un salario sociale minimo per il mio assurdo status di prigioniero politico visto che da innocente hanno usato pure il mio nome per la propaganda di questa dittatura”.

ste.bro.