“La Nazione“ sta al passo con i tempi offrendo a lettrici e lettori un’informazione qualificata a tutto campo, dalla carta al web. E da ormai quattro mesi, ogni domenica, su tutti i social network del giornale si rinnova anche l’appuntamento con “Firenze Antica“, la video-rubrica in cui il nostro caporedattore Alessandro Antico ripercorre vari aspetti, luoghi, persone, episodi e tradizioni della storia medievale e rinascimentale della Città del Fiore. Si tratta di “reels“ (brevi video della durata di un minuto e mezzo o due al massimo) in cui ogni volta viene affrontato un argomento differente e che è visibile gratuitamente su telefonini, tablet e pc dalle piattaforme Facebook, Instagram, Tik Tok e YouTube del nostro gruppo editoriale.
Questa settimana il tema fonde il passato con l’attualità, perché nel video che sarà online a partire da domattina alle ore 10 (come ogni domenica) si parlerà dell’alluvione. Una in particolare: quella che devastò Firenze nel 1333. Fu terribile. Ne sono rimaste molte testimonianze scritte da cronisti e notisti dell’epoca. Il più noto di tutti è Giovanni Villani. L’Arno seminò distruzione e morte: le vittime sarebbero state almeno trecento, ma forse di più.
Una curiosità su tutte sta nella sconcertante ricorrenza, nella data. Quell’alluvione del 1333, infatti, avvenne il 4 novembre (nella notte fra un giovedì e un venerdì), esattamente come l’alluvione che sommerse Firenze il 4 novembre del 1966 e che molti di noi ricordano ancora oggi.
Il nostro Antico ripercorre in sintesi quel terribile evento di 633 anni fa, quando la furia del fiume in piena, dopo giorni e giorni di pioggia copiosa e ininterrotta, sconvolse città e vite umane, spazzò via tutto, sfregiò volto e cuore della città.
Venne travolta e persa per sempre anche la statua di Marte che inizialmente i Romani collocarono nell’area dove inn seguito sorse il Battistero e che i Fiorentini poi spostarono su un argine dell’Arno, più o meno dove oggi è il Ponte Vecchio. Nessuno fu più in grado di recuperarla e a quel tempo ciò venne inteso come presagio nefasto per la città, che nei secoli successivi conobbe anche altre alluvioni devastanti, come quella del 13 settembre 1557, una delle più catastrofiche e di cui è rimasta particolareggiata descrizione di Giovanni Battista Adriani, storiografo ufficiale di Cosimo I de’ Medici.