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Firenze, gli allagamenti a Soffiano? Ce li insegna anche la storia

Che le colline di Bellosguardo riversino copiosa acqua a valle non è una novità: qui c'era un lago, e c'è una fonte miracolosa che si fa risalire a San Francesco. Anche le monache dovettero lasciare la collina per gli smottamenti. Ma la natura si ribella alla cementificazione

L'ultima alluvione di via Arnoldi del 14 marzo

L'ultima alluvione di via Arnoldi del 14 marzo

Firenze, 14 aprile 2025 – Via Arnoldi, traversa di via di Soffiano a Firenze, protesta: continui allagamenti e fossetti che esondano a ogni acquazzone. A pagarne le spese, gli abitanti, con garage e seminterrati alluvionati, e tra questi pure gli affittuari degli appartamenti a canone calmierato. Senza nulla togliere al mutamento climatico, spesso evocato, la questione è che qui gli impaludamenti ci sono sempre stati, mentre via Arnoldi c’è da pochi lustri. D’altronde che i colli d’OltrarnoMonte Oliveto, Bellosguardo e Marignolle – zampillino acqua da ogni vena della loro roccia non è una novità. E che quell’acqua per millenni sia stata tanto fonte di vita che di distruzione ce lo insegna la storia, persino la leggenda, come raccolto nel libro ‘Camminate fiorentine’ (Florence Art edizioni, 2025).

Una fra tutte quelle raccolte nel volume, la Fonte di San Francesco, a metà costa di Bellosguardo, sopra via di San Vito, racchiusa in una cappellina che si mimetizza tra i campi appena sopra questo nuovo isolato. Nome non casuale: si dice che Sant’Agnese nel 1217 fu mandata qui dalla sorella Santa Chiara ad aprire un secondo convento dopo Assisi. Nella Quaresima 1221 il futuro patrono d’Italia venne a trovare le suore, e le trovò tanto assorte nella spiritualità quanto disidratate. Così, poche ciance, e fece sgorgare una fonte di acqua purissima per dissetarle. Acqua fonte di vita e di speranza dunque. Ma anche di smottamenti e alluvioni. Infatti le clarisse nel 1261 già si dovettero trasferire al San Gaggio, sul versante opposto del colle, perché il monastero pativa gli smottamenti del terreno. Nuovamente restaurato, fu distrutto e definitivamente abbandonato durante l’Assedio di Firenze del 1529. Dalle sue rovine nacque il toponimo Monasteraccio, da non confondersi con l’omonimo, oggi b&b, poco più a ovest, vicino all’odierna Klab. Non scomparvero però l’acqua e la fede: un’acqua che da secoli è ritenuta miracolosa, perciò nel ‘700 fu costruita attorno la cappella e ancora nei primi anni 2000 (prima che la proprietà ne vietasse l’accesso per raggiungerla) era meta di pellegrinaggi, tanto che ogni 4 ottobre una processione partiva dalla chiesa di Monticelli per arrivare qui. Acqua che con gli altri ruscelli e fossetti – da questi colli sgorgano il Fosso di Soffiano e quello di Legnaja, tombati: brutto vizio novecentesco – si riversa copiosa nella valle. E se non trova abbastanza sfogo nelle fognature, esonda da qualche parte. Tanto che qui alle pendici delle colline si formavano laghetti e paludi, un tempo considerati una manna dai contadini: potevano integrare la povera dieta di verdure, soprattutto cavoli – non a caso porta San Frediano si chiamava porta a Verzaja, questi erano gli orti di Firenze – con pesci e ranocchi, preziosa fonte proteica. Ancora a testimoniarcelo è un toponimo: la Casa del pescatore, all’angolo tra via del Filarete e via di Soffiano. Se gli allagamenti in questa striscia di valle alla base di Bellosguardo dunque non sono una novità, la novità è che ciò che prima era risorsa per gli abitanti, oggi sono beghe, perché l’urbanizzazione ha modellato il paesaggio da campagna agricola a periferia dormitorio. Forse, la natura si ribella alla cementificazione.