Firenze, 18 giugno 2024 – La città di Firenze al terzo posto fra i capoluoghi di regione più cari d’Italia. Lo certifica la classifica stilata dall’Unione nazionale consumatori in base ai dati Istat di maggio sull’inflazione, pubblicati ieri. In testa alla top ten, ex aequo, ecco Parma e Rimini, con un’inflazione pari all’1,6%, che si traduce in una maggior spesa aggiuntiva su base annua per ogni famiglia equivalente in media a 435 euro.
Medaglia d’argento per Venezia (+1,4%, pari a 369 euro) e bronzo appunto per Firenze che, con +1,4%, registra una spesa supplementare pari a 366 euro annui per famiglia media. Non va meglio se dalla città si passa a inquadrare la situazione da un punto di vista più ampio: in testa alla classifica delle regioni più «costose», al primo posto, con un’inflazione annua a +1,3%, si colloca il Veneto (+324 euro su base annua), ma subito dopo segue appunto la Toscana, dove la crescita dei prezzi dell’1,1% implica un’impennata del costo medio della vita pari a 272 euro a famiglia. Ma cosa determina i rincari?
"Esaminando i dati – spiega Alessandro Valentini, responsabile ufficio territoriale Istat area centro – si nota che il posizionamento di Firenze e della Toscana in vetta alle classifiche nazionali è legato alla vocazione turistica della città capoluogo e della regione. La Toscana mostra un 1,1% di dato tendenziale, a fronte di un dato nazionale di 0,8%, ed è trainata da Siena che con il +2,2% ha l’aumento più alto a livello nazionale fra tutti i capoluoghi di provincia. Numeri importanti anche a Lucca con un +1,3%, mentre nelle posizioni più basse troviamo Livorno (0,4), Massa (0,6) e Grosseto (0,8)”.
Ma cosa incide nei rincari registrati a Firenze rispetto allo stesso periodo dello scorso anno? "Per avere un’idea più chiara – continua Valentini – si possono esaminare le singole voci, che permettono di individuare i settori che hanno trainato gli aumenti”. A segnare decisi segni più sono infatti tutte le voci che si legano in qualche modo al turismo: servizi ricettivi e ristorazione (+5,9), trasporti (+3,1), prodotti alimentari e bevande analcoliche (+2,9%), alcolici e tabacchi (+2,7). Anche l’istruzione (+2,2) potrebbe risentire delle tante scuole per stranieri che hanno peso campo in città. Va meglio, al contrario, per servizi e prodotti dedicati ai residenti: abbigliamento e calzature (+0,7), abitazione, acqua, elettricità, combustibili (-7,2 influenzato soprattutto dal crollo dei combustibili dopo i rincari dello scorso anno), mobili (0), servizi sanitari (+0,8), comunicazioni (-6,5). Confermando un dato noto da tempo, insomma, il turismo porta ricchezza in città, ma non sempre agevola la vita ai residenti.