Firenze, 3 novembre 2024 – “Invoco su tutti voi la benedizione del Signore perché la bellezza della nostra città possa risplendere nel mondo non solo nei suoi monumenti, ma soprattutto nei suoi cittadini per far fiorire un vero umanesimo che metta al centro la cura e l’attenzione per la dignità di ogni persona umana, in particolare quella dei poveri e degli esclusi». Con queste parole, l’arcivescovo Gherardo Gambelli ha ringraziato per l’imposizione del Pallio, il paramento liturgico proprio dei metropoliti, per mano del nunzio apostolico in Italia, monsignor Petar Rajic, oggi pomeriggio nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, presenti i vescovi di Fiesole, Stefano Manetti, di Arezzo, Andrea Migliavacca, di Prato, Giovanni Nerbini, e di Massa Marittima, Carlo Ciattini, con l’arcivescovo emerito cardinale Giuseppe Betori e il cardinale Ernest Simoni.
“Vi saluto cordialmente – ha detto il nunzio apostolico nel corso della cerimonia di imposizione del Pallio – anche a nome del Santo Padre che mi onoro di rappresentare in questa nazione”. Rajic ha spiegato il significato del particolare paramento liturgico, una faccia di lana posta sulle spalle, segno antichissimo che i Papi portano dal quarto secolo, simbolo del giogo che Cristo carica sulle sue spalle. Papa Francesco ha stabilito che gli arcivescovi ricevano il Pallio dalle mani del Papa – Gambelli lo ha ricevuto il 29 giugno scorso, solennità dei Santi Pietro e Paolo – ma che poi sia imposto loro dal nunzio, davanti ai fedeli della diocesi. Un simbolo, ha ricordato il nunzio, di intima unione tra il papa e i vescovi. “La lana rappresenta la pecora perduta o malata che il pastore cerca e carica sulle spalle. È Cristo per primo che ci carica sulle spalle: per questo diventa anche un simbolo dell’autorità episcopale”.
Il Pallio, ha detto poi l’arcivescovo Gherardo “è simbolo del nostro vincolo di comunione con la Chiesa di Roma e della missione di essere a servizio della provincia ecclesiastica composta dalle altre Diocesi suffraganee. Nove anni fa, Papa Francesco in questa cattedrale, in occasione del convegno nazionale della Chiesa italiana utilizzò una bella immagine: “Ai vescovi chiedo di essere pastori. Sarà la gente, il vostro gregge, a sostenervi“. In questi primi mesi del mio ministero episcopale ho già fatto esperienza varie volte di questo grande e provvidenziale sostegno”.
Il testo integrale del discorso dell’arcivescovo
"La decisione del Santo Padre Francesco di arricchire la celebrazione del Pallio per gli Arcivescovi prevedendo due momenti: consegna a Roma e imposizione da parte del Nunzio Apostolico nella sede del Metropolita, è una bella occasione per riscoprire il valore e l’importanza di questo rito. Come ci è stato indicato all’inizio della celebrazione, il pallio è simbolo del nostro vincolo di comunione con la Chiesa di Roma e della missione di essere a servizio della provincia ecclesiastica composta dalle altre Diocesi suffraganee. La costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II Lumen Gentium ci ricorda che “il primato della cattedra di Pietro che presiede alla comunione universale della carità, garantisce le legittime diversità e insieme vigila perché il particolare non solo non nuoccia all’unità, ma anzi ne sia al servizio” (LG 13). Attraverso di lei Mons. Peter Rajič, desidero esprimere ancora la mia gratitudine a Papa Francesco per la sua fiducia nei miei confronti e la mia ferma volontà di lasciarmi guidare dallo Spirito Santo nel cammino verso quell’unità che non è mai uniformità, ma armonia delle differenze. Il poliedro che Michelangelo Buonarroti pose a coronamento della Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo è una bella immagine della Chiesa formata da membra diverse, ma complementari: “A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune” (1 Cor 12,7). L’imposizione del pallio nel giorno della Festa della Dedicazione della nostra cattedrale di Santa Maria del Fiore diventa infine un richiamo ad avvicinarsi sempre più al Signore “pietra viva” per costruire un edificio spirituale, per esercitare un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Quel culto in spirito e verità di cui ci parlava il Vangelo di oggi, lo viviamo in pienezza quando ci lasciamo trasformare dalla grazia, diventando come una bella vetrata che mostra i suoi colori quando si lascia attraversare dai raggi del sole. Nove anni fa, Papa Francesco in questa cattedrale, nel discorso in occasione del quinto convegno nazionale della Chiesa italiana utilizzò una bella immagine: “Ai vescovi chiedo di essere pastori. Niente di più: pastori. Sarà la gente, il vostro gregge, a sostenervi. Di recente ho letto di un vescovo che raccontava che era in metrò all'ora di punta e c'era talmente tanta gente che non sapeva più dove mettere la mano per reggersi. Spinto a destra e a sinistra, si appoggiava alle persone per non cadere. E così ha pensato che, oltre la preghiera, quello che fa stare in piedi un vescovo, è la sua gente”. In questi primi mesi del mio ministero episcopale ho già fatto esperienza varie volte di questo grande e provvidenziale sostegno. Affidandoci ora all’intercessione di Maria, Santa Maria del Fiore, invoco su tutti voi la benedizione del Signore perché la bellezza della nostra città possa risplendere nel mondo non solo nei suoi monumenti, ma soprattutto nei suoi cittadini per far fiorire un vero umanesimo che metta al centro la cura e l’attenzione per la dignità di ogni persona umana, in particolare quella dei poveri e degli esclusi”.