BENEDETTO FERRARA
Cronaca

Firenze in taxi: "La mia città mozzafiato ma dov’è finita la tua anima"

Di giorno il caos delle auto e la mischia selvaggia dei trolley trascinati sul selciato. Quando cala la sera solo ragazzini da portare nei pub. "Ma se sono ubriachi non li carico"

Praga 30, ovvero Vito, 61 anni la metà dei quali alla guida di un taxi a Firenze

Firenze, 14 dicembre 2022 - Effetto notte. Quando le luci dei lampioni disegnano strisce luminose come spade laser sull’asfalto umido della città. Firenze oltre Firenze. Oltre la mischia selvaggia di trolley trascinati sul selciato sconnesso dei vicoli del centro. La Firenze di Vito, che sulle strade della notte guida da trent’anni. Psicologo per necessità, antropologo per caso, soprattutto tassista di questa varia umanità sfuggente, persa, ritrovata, viva, alcolica, sola o in cerca di chissà che. Puoi chiamarlo Praga 30, e lui ti racconterà di una Firenze piena di tutto e di nulla, di identità smarrita, di tanta bellezza scenografia di un mondo che non riconosce più.

UNO SGUARDO DIVERSO

"Ho 61 anni e da 30 sfido le meraviglie di una città silenziosa e spesso solitaria. La amo, la conosco, la cerco e non sempre la ritrovo, perché Firenze non ha cambiato pelle, l’involucro è sempre quello. Ha cambiato però la sua gente. La mia gente, quella che raccatto sulla strada, porto qua e là: la ascolto, spesso la guido, o la conforto. Strano anche solo a pensarlo. Il caos di giorno, il poco e il nulla la notte. Solo nel week end c’è il giro e un po’ di folla. Ma sempre nei soliti posti. E sono per lo più ragazzini". Vito da ragazzo ha lavorato al mercato…

"Spostavo i banchi. Li tiravo alle 5 fuori dai garage. La sera li riportavo dentro. Poi ho lavorato come camionista. Guidare è il mio mestiere. Mi piace. L’ernia al disco mi ha portato su un taxi. Che poi è la mia storia dagli anni ’90, quando Firenze raccontava altre faccende, altri locali, altri personaggi". E già allora le cose stavano cambiando. Le mille luci degli anni ottanta, quelli delle notti insonni senza fine, dei locali gonfi di follia e divertimento, quando Firenze era una città rock, soul, funky e ognuno giocava a fare tendenza, si erano già affievolite senza però perdere quel desiderio di mondanità, spesso mescolato alla malinconia di un decennio di riflusso vitale.

"C’erano però i locali in centro. Le discoteche. Quasi tutte sparite. C’era il Jacky’O, dove andavi a ballare e bere. Conoscevi gente nuova. Se eri separato o separata magari trovavi qualcosa. Una notte folle o magari qualche storia seria. Oppure solo qualche bevuta e due parole. C’erano i night: il River club. E gli altri. Io viaggiavo, scivolavo tra le vie del centro e sui lungarni, riportavo uomini, donne o coppie nuove di zecca verso casa o in qualche albergo. C’era una possibilità di vita oltre i trent’anni, questo voglio dire. Oggi tanti pub e poco altro, quindi ragazzini. Sono loro, i miei clienti. In maggioranza, voglio dire. Un adulto al massimo va al ristorante, o a una festa privata o a fare la figura dell’imbucato nelle discoteche fuori dal centro, figure un po’ malinconiche, ma questa è solo una mia idea, ognuno fa quello che gli pare".

LA VITA RIBALTATA

I suoi orari: dalle 8 di sera alle cinque di mattina. "Poi sistemo i conti fino alle 6 e quindi vado a letto. A mezzogiorno mi alzo, cerco di sentire o vedere gli amici o di organizzare un pranzo, leggo la storia della mia città perché devo saper rispondere alle domande. Il cliente vuole quasi sempre parlare, chiedere informazioni, consigli, o anche sfogarsi. A volte mi sento un confessore…".

Perché di notte sbocciano sorrisi ma piovono anche lacrime, grida disperate, parole e singhiozzi sul sedile posteriore. "Sai quante volte delle ragazze mi dicono che sono deluse. Che pensavano fosse amore. Che erano uscite quella sera sperando di aver trovato l’uomo della loro vita. Dicono, raccontano, traducono quelle lacrime in una confidenza disperata. E io che rispondo che forse è meglio lasciar perdere. Hanno vent’anni e tutto il tempo per divertirsi e trovare una persona che se le merita".

Andiamo verso il piazzale: la nostra cartolina migliore. C’è anche l’albero e dopo mezzanotte un bel po’ di turisti intorno a fare selfie. E’ un prefestivo, il giro non manca. E nemmeno i ricordi del lato oscuro di un lavoro che spesso è un film. Commedia, azione, gente che ti vomita sui sedili. "Ma io ho imparato da un bel po’ la lezione. Se li vedo barcollare non li tiro su. Mi dispiace ma non è bello passare mezza giornata a pulire il vomito altrui".

INSEGUIMENTI

Le storie? Tante, pure troppe. C’è sempre quello o quella che ti dice: segua quella macchina, la classica frase da film americano. Mica lo sanno che non funziona proprio così. Mica sono un poliziotto, un agente segreto, una spia. Una volta una signora mi ha fatto seguire un auto fino a San Donnino, spiegandomi che era convinta che suo marito la tradiva con una tipa che abitava là. Io non sapevo che dire, comunque ho seguito le sue indicazioni. Più tardi il marito ha fatto il giro dei posteggi dei taxi per ritrovare la mia macchina. Mi ha trovato alla stazione e mi è venuto incontro. Non aveva un’aria amichevole. L’ho zittito: "Io ho seguito le indicazioni della mia cliente. E’ il mio lavoro, il resto non mi interessa". Una piccola lezione, forse.

"Mi è anche capitato di essere seguito da un collega che evidentemente aveva a bordo qualcuno che gli aveva detto: segua quel taxi. Sono un buon driver, collega seminato. E comunque deve aver capito anche lui che era il caso di non insistere. Accidenti ai film americani". Dove non manca niente: neanche una pistola, per esempio. "Era carica. Me l’avevano lasciata infilata tra i sedili due albanesi. Li avevo presi a un hotel sul lungarno. La polizia ci aveva fermati, aveva controllato la mia auto e li aveva portati in questura. Non si erano accorti di quella pistola. Era carica. Ho pensato che mi era andata di lusso. Brutta storia".

LA LOGICA DEL BRANCO

Le gomme baciano l’asfalto di Ponte alla Vittoria. Viale Talenti. E la periferia? Cos’è di notte Firenze oltre i suoi viali e più in là? Vito sorride: "Per me è la via del ritorno a casa dei ragazzi dopo una notte passata fuori dai pub a fare casino o a sperare in qualche avventura. Attenzione sempre. Ma un po’ ovunque. La logica del branco racconta i nostri tempi. Bisogna stare attenti. Non parlo di me, parlo di ragazze sole, di persone indifese. Non dico certo che Firenze sia una città violenta. Non è così. Ma la notte non è mai uno scherzo. Bisogna stare attenti".

Poi ci sono le corse dei cosidetti vip. Vito sospira: "Quanto è bella Anna Falchi". E di una vera icona dei tassisti notturni della Firenze che non dorme. Ricordi di Adrian Mutu il fenomeno, le cui avventure by night sono sempre state protette dal silenzio di chi ha visto molto e quasi tutto. Ma in nome di un numero dieci geniale e molte altre cose ha sempre vinto il segreto del confessionale su gomma.

"Una volta sono andato a prendere Vargas a casa di Mutu, in via Bolognese. Che soggetto anche lui. Tutto molto, diciamo, rock ’and roll. Ma erano forti, che volevi dirgli…". In fondo la notte è fatta di silenzi e di poesia. A notte fonda tutto diventa un film: il vuoto che ricorda i giorni del lockdown, in cui la città sembra adagiarsi tra le tue braccia come un’amante spogliata di ogni paura, e poi le notti incasinate dei ragazzini che si prendono Santo Spirito, Santa Croce, Piazza della Repubblica, San Niccolò.

EFFETTO NOSTALGIA

"Già, ma in fondo cosa è rimasto di vero? E’ questo che mi mette addosso la malinconia. Amo troppo questa città per vederla così piena di macchine e vuota di identità. Lo so, è il mondo che va in questa direzione, non è certo un problema solo nostro. E poi trent’anni sono tanti. Cambiano tante cose… ".

Rischi di annegare nell’effetto nostalgia. Vito si ferma in via Lambertesca. "Passo sempre da qui. In questa strada mi sento a casa mia. Qui la notte spalanca il sorriso più sincero". Grazie Vito, viaggiatore della notte fiorentina: musica e silenzi per cuori testardi, orgogliosi, innamorati. Aspettando l’alba e il giorno che verrà.