
Bellini, a sinistra, con il suo collaboratore Carlos (New Press Photo)
Firenze, 19 aprile 2023 – Il mercato centrale, avveniristica opera tutto ferro, vetrate e maestose arcate della belle époque, è il cuore commerciale popolare del centro.
Da un secolo e mezzo il mercato coperto è sinonimo di spesa quotidiana per i residenti del centro e luogo dove reperire le tipicità alimentari introvabili nei centri commerciali: se vuoi cucinare il rognone o la matrice, vai tranquillo che qui la trovi, se cerchi un salume del Nord Europa o un formaggio svizzero qualche banco ce l’avrà, se vuoi piccione ancora allevato alla vecchia maniera da qualche anziano contadino, è il posto giusto.
Ma la concorrenza della grande distribuzione organizzata è spietata e lentamente sta soffocando alcune delle attività più tradizionali che forse le prossime generazioni non conosceranno.
Come il pollivendolo, un mestiere quasi scomparso e che qui ancora resiste, ultimi eroi d’una memoria culinaria di carni bianche che rischia di essere soppiantata da nuggets e polli che si tagliano con un grissino.
A raccontarci di questa storica figura è Alessandro Bellini, figlio di quel Roberto che dal ’68 ha visto cambiare San Lorenzo dal suo banco.
"Dentro al mercato siamo rimasti quattro e tutti figli di storici venditori di prodotti avicunicoli – ora ci si chiama così – e penso finisca la tradizione con noi: io ho due figlie ed entrambe per fortuna hanno preso altre strade. Il nostro grosso oggi è la distribuzione a una buona parte della ristorazione fiorentina, negli anni che ha aperto mio padre c’era la fila del dettaglio, era un divertimento stare al banco!".
"E c’era anche più guadagno, adesso vive tranquillamente, non ci manca niente, ma tra tasse, leggi, regolamenti non è più come una volta. – aggiunge – Il fiorentino anche se al mercato può trovare scelta, qualità e prezzo, preferisce andare alla Gdo, dove prende la roba già inscatolata, senza saper bene quello che consuma. Qui si trova quello che nei supermercati non c’è: quei piccoli, storici fornitori che non si sono mai messi a vendere alla Gdo perché non hanno i numeri. Prendiamo ancora il pollo da Abati, una piccola realtà di Montespertoli con allevamenti a Monteriggioni, l’ocio e i piccioni da Poppi, dalla signora Acciai che speriamo duri il più possibile perché quando finirà lei, rimarranno solo allevamenti intensivi che sono tutta un’altra cosa, sia come qualità che come sapore. Certo sono chicche che costano: un comet e un livornese costa tre volte un pollo d’allevamento intensivo. Con le crisi che ci sono adesso non è facile; ma sarebbe meglio mangiare meno ma bene. Nasciamo come polleria, poi abbiamo affiancato Roberto carni per esigenze di mercato: ora facciamo 70 per cento carne e 30 pollame".
"In centro non ci sono più abitazioni, sono tutti uffici, banche, alberghi... di abitanti sono rimasti solo anziani. Manca la viabilità per arrivare, il parcheggio e la voglia da parte dei fiorentini di tornare alle origini, andare piano, scegliere il prodotto, saperne la storia e vedere questa meravigliosa opera mengoniana che è il mercato, se si alza il naso si vede una costruzione dell’epoca della torre Eiffel. Aver dedicato il primo piano alla ristorazione? A noi del piano inferiore non ha influito né in bene né in male, sono due mondi separati".