Antonio Passanese
Cronaca

Firenze vista da un esteta: “Paccottiglia, che disgusto. E’ lo scotto del turismo, vietarla sarebbe inutile”

Per l’ex assessore Givone una soluzione c’è: “Ricominciare daccapo. Bisogna lavorare molto, inventarsi nuovi modi di vivere Firenze”

Firenze, souvenir, paccottiglia per turisti (Giuseppe Cabras/New Press Photo)

Firenze, souvenir, paccottiglia per turisti (Giuseppe Cabras/New Press Photo)

Firenze, 2 marzo 2025 – Per un ex assessore alla Cultura e professore di Estetica, come Sergio Givone, vivere in una città in cui tanta bellezza è contornata da altrettanto trash provoca “disgusto”. Come lo provocò anche a Hermann Broch – scrittore e drammaturgo austriaco – quando si trovò, alla fine degli anni Quaranta, a fare un tour nelle città d’arte italiane. E tra queste c’era anche Firenze, dove “già a quei tempi si vendeva paccottiglia. Certo, non in serie e orribile alla stregua di quella che vediamo oggi in ogni angolo”.

Professor Sergio Givone come vede la nostra città satura di souvenir con gli attributi del David e con la Venere nuda?

“C’è chi la chiama paccottiglia, io la definisco porcheria. Come è possibile che i negozi che vendono questa robaccia invece di diminuire aumentino? Ovunque ti giri trovi prodotti che fanno venire la nausa. Però, a pensarci bene forse esiste anche un’altra risposta...”.

Quale.

“Meglio non farla tanto lunga e prenderla a ridere”.

Per carità, si potrà anche ridere, ma sarebbe un risata amara.

“Credo, e lo dico anche a me stesso, che bisognerebbe essere un po’ più tolleranti, prendere le cose meno sul serio. Poi, capisco sia chi vorrebbe bruciare tutto e grida allo scandalo e chi di contro accetta, tollera, fa dell’ironia”.

Due atteggiamenti diversi e inconciliabili.

“Non sempre. Hermann Broch, ad esempio, ha scritto un libro sul kitsch, che non è altro che la paccottiglia di cui stiamo parlando. Lui la definiva il male radicale, e io mi ci rivedo in questa sua analisi. Però c’è anche un altro padre nobile della materia che sosteneva il contrario, Abraham Moles, secondo cui bisogna avere un atteggiamento giocoso, ludico, nei confronti di questo fenomeno. Insomma, io sto con l’uno e con l’altro. Mi indigno ma poi ci rido”.

Professore, ma come è possibile che le persone siano attratte da souvenir tutti identici e anche volgari?

“E’ una delle conseguenze dell’overtourism, del turismo di massa. Ricordo quando, anni fa, nel centro storico c’erano le vere botteghe artigiane, le edicole, i negozi di vicinato. Sembra passato un secolo, e invece parliamo di poco più di 10 anni fa. Ora ci sono solo ristoranti e negozi tarati su chi viene a visitare Firenze”.

Ma come si risolve il problema della paccottiglia? C’è una soluzione?

“Bisogna lavorare molto, inventarsi dei nuovi modi di vivere la nostra città, di andare agli Uffizi e negli altri musei ma vi è la necessità di pensare alle alternative alla paccottiglia”.

Ma non basterebbe un divieto, peraltro già contemplato dal Regolamento Unesco, per fermare quella che lei ha definito “porcheria”?

“Assolutamente no. Vietare o proibire non serve a nulla se non a far aumentare il desiderio. Fino a quando il David camuffato, diventato grembiulino e via dicendo, interesserà, le persone vorranno averlo”.

Quindi, per finire, mi pare di capire che non ci sia via d’uscita.

“No, una c’è. Ricominciare daccapo”.