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Fondazione Open: Matteo Renzi e altri prosciolti, inchiesta chiusa grazie alla riforma Cartabia

Il giudice ha prosciolto Matteo Renzi e altri imputati nell'inchiesta Fondazione Open, chiusa grazie alla riforma Cartabia.

Matteo Renzi, 49 anni, fiorentino, è il leader di Italia viva

Matteo Renzi, 49 anni, fiorentino, è il leader di Italia viva

di Stefano BrogioniFIRENZE"Gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna". Con queste parole, vergate nel dispositivo letto in aula, il giudice dell’udienza preliminare, Sara Farini, non pone fine soltanto all’inchiesta sulla Fondazione Open, ma più probabilmente a un’intera stagione giudiziaria.

Perché questo non è stato soltanto un processo. Ma in quello che era diventato anche un braccio di ferro tra il principale imputato, Matteo Renzi, e il principale accusatore, il pm della procura di Firenze, Luca Turco, è il leader di Italia viva a spuntarla. Su tutti i fronti. Per sé e anche per gli altri imputati, tra cui gli "amici" del giglio magico, Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Marco Carrai, l’ex presidente della Fondazione, Alberto Bianchi.

Per l’accusa, la fondazione Open era "un’articolazione di partito della corrente renziana del Pd" che avrebbe sostenuto, con i milioni delle donazioni, la scalata di Matteo, da sindaco di Firenze a leader del Pd e poi presidente del Consiglio.

Erano in undici, a rischiare il processo, più quattro società: tutti prosciolti da tutte le accuse. Come hanno urlato, fuori dall’aula, con festeggiamenti da stadio, gli avvocati del nutrito pool di difensori, incassando un sonoro e per certi aspetti anche inaspettato successo.

Nell’epilogo dell’udienza preliminare Open – inchiesta cominciata nel 2019 con la maxi perquisizione alla sede della fondazione chiusa due anni prima – complice anche la recente riforma Cartabia che ha rivisto i criteri per chi deve decidere sul rinvio a giudizio, si sono sfaldate tutte le imputazioni.

Non solo quelle contestate a Renzi e agli ex componenti del cda che organizzava la Leopolda, ma anche episodi potenzialmente più pesanti, come le presunte corruzioni contestate all’ex parlamentare dem Luca Lotti, in concorso con l’avvocato Bianchi, il traffico di influenze, l’autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Per la procura del capoluogo toscano, per il pm Turco, è una batosta. Anche se, per effetto della stessa riforma, c’è la possibilità di impugnare in appello. Ma non potrà farlo Turco, prossimo alla pensione: quella di ieri, per il pm che ha già portato a processo i genitori e il cognato dell’ex premier, era la sua ultima udienza.

"Mi spiace solo che vada in pensione senza pagare per le sue perquisizioni illegittime e per la sua indagine incostituzionale – lo ha attaccato Renzi –. Chi sbaglia paga vale per tanti italiani, non per lui". Ancora: "Il dottor Luca Turco forse avrebbe dovuto rispondere delle spese che ha fatto sostenere allo Stato italiano".

Lo sfogo del leader di Italia viva, dopo "i cinque anni vissuti da appestato", era più che atteso: "Volevano farmi fuori con una indagine farlocca. Non ce l’hanno fatta". D’altronde, la lunga udienza preliminare di Open, in questi mesi, non si è celebrata soltanto in aula. Tra dichiarazioni al vetriolo, sentenze della Cassazione, interventi della Consulta, voti in Parlamento e anche denunce al pm Turco (tutte archiviate, sia nel penale che nel disciplinare), lo scontro politico-giudiziario ha raggiunto picchi di tensione altissimi. E acuito le divergenze fra certa magistratura e certa politica.

Ma Renzi non ce l’ha soltanto con i pm. "Sono stato politicamente massacrato da tanti, a cominciare da Fratelli d’Italia e dai Cinque Stelle. In un mondo normale oggi Giorgia Meloni mi chiederebbe scusa per come ha cavalcato in modo vergognoso l’aggressione giudiziaria nei confronti miei e della mia famiglia. Non lo farà".

Per Lotti, che oggi non siede più in Parlamento, ma è un dirigente dell’Empoli calcio, "anche il caso Open è chiuso. Finito. Non è mai esistito vorrei dire, ma non posso dirlo perché – anche se per minor tempo – mi ha accompagnato e seguito nel mio lavoro di parlamentare della Repubblica. Ed è stato un caso che mi ha ferito molto perché era un’accusa brutta".

Parole di solidarietà dal mondo politico sono arrivate dal leader della Lega Matteo Salvini, dal numero uno di Azione Carlo Calenda e da diversi esponenti del Pd.