
A destra Andrea Consolati, vicepresidente del campo sportivo di Montebonello, vittima del torrente Argomenna
È un dedalo di fiumi, fiumiciattoli, torrenti, fossi e borri. Alcuni conosciuti, come l’Affrico, il Mugnone, il Terzolle, la Greve o il Rimaggio (anzi i Rimaggio perché ce ne sono molti con lo stesso nome). Altri ignoti ai più, ma non per questo meno dannosi in potenza, come il fosso Ghindossoli, che periodicamente allaga l’A1 in zona Scandicci salvo poi sparire nel nulla, il Tripetetolo di Lastra a Signa, il Rigognolo di Sesto Fiorentino, il fosso di Cerbognole che si butta nella Sieve o ancora i canali di cinta della Piana.
A vederli sulla carta, tutti insieme, somigliano a un sistema di capillari e vene, che terminano la propria corsa nella più imponente arteria della piana e della Toscana: l’Arno. Ma basta una piccola ostruzione o un cedimento arginale in uno qualunque di questi ’capillari’ per provocare danni importanti, soprattutto se accade in un centro abitato o in un’area industriale. E con l’intensità dei nuovi fenomeni meteorologici, spesso concentrati in tempi brevi e in punti limitati, lo stress a cui ogni fosso è sottoposto aumenta, insieme alla probabilità che qualche problema possa verificarsi.
La manutenzione di questo reticolo è affidata, con alcune eccezioni (i fiumi tombati o alcuni tratti di competenza comunale o di altri enti) ai Consorzi di Bonifica, nel caso di Firenze e provincia al Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno. Si parla di 3.500 km, fra Firenze, Prato e Pistoia, circa la metà dei quali (approssimativamente perché i confini dei fiumi non corrispondono a quelli di Comuni e Province) nella metrocittà fiorentina. Uno dei nodi più critici è la Piana per un motivo tecnico, ma che i contadini della zona, un tempo, conoscevano bene: a Sesto Fiorentino, Calenzano, Campi Bisenzio e Signa s’incrociano due sistemi idraulici diversi, ovvero le acque alte e le acque basse.
"Le prime – spiegano i tecnici del Consorzio - vengono dalle colline (monte Morello in primis, ma anche dal fronte pratese e pistoiese) e sono soggette a un regime torrentizio: se piove molto, questi corsi d’acqua smettono di essere pressoché invisibili e precipitano a valle con velocità e potenza notevoli. Le acque basse invece circolano nella Piana, con pendenze talmente limitate che spesso, in caso di piena, il problema è farle scorrere verso valle. Se i fiumi principali (Arno, ma anche Bisenzio, Ombrone e altri) si gonfiano, il sistema di acque basse va in crisi: non solo non scola nei grandi fiumi, ma sono i fiumi a ’risalire’ invadendo fossi e canali. È qui che entra in funzione un sistema di paratoie, sbarramenti e casse di espansione, ma anche di pompaggi artificiali per buttare l’acqua ’da sopra’ gli argini, artificialmente".
In caso di piogge intense, concentrate e persistenti, come i due ’coni di nubi’ che si sono addensati da Livorno al Mugello nel 2023 e nei giorni scorsi, la difficoltà è tenere in armonia acque alte e basse, facendole defluire fino all’Arno, già gonfio per la pioggia caduta da monte, dalla zona aretina in avanti. In questi momenti di stress, bisogna che ogni metro dei 732 Km di argine (un terzo nella zona fiorentina), ciascuna delle 2743 portelle e paratoie (un quinto a Firenze e dintorni) regga all’impatto e ciascuna delle 17 pompe (di cui 5 grandi impianti idrovori) funzioni senza inghippi.
"In questi giorni i nostri territori hanno affrontato un impatto eccezionale – ha detto il presidente del Consorzio 3 Medio Valdarno, Paolo Masetti -. Oggi possiamo dire che, per la mole di acqua gestita, con 11.200.000 mc sollevati artificialmente, il sistema complessivamente ha retto. Questo non toglie che ci siano anche criticità localizzate che hanno provocato danni a cittadini e imprese, ai quali siamo vicini. Nei prossimi giorni collaboreremo insieme alla Regione e ai sindaci per trovare insieme le soluzioni e i finanziamenti per gli interventi strutturali necessari. Intanto un grande grazie a tutto il personale del Consorzio che è intervenuto in questi giorni".
R.C.