di Titti Giuliani Foti
"A Firenze? Ci sono venuto a cantare poche volte. Una, tanti anni fa, al Teatro Comunale. Avevo 24 anni ed ero nel “Cosi fan tutte“ assieme a Rolando Panerai nella recita straordinaria per il suo ottantesimo compleanno. Ero nel secondo cast: ho ancora lo spartito dell’opera autografato con la sua dedica. Ho amato Panerai, persona straodinaria che ho poi rivisto a Genova per la ripresa del Gianni Schicchi dove mia moglie (Serena Gamberoni, soprano che l’anno scorso ha cantato al Maggio ne Le Nozze di Figaro di Mozart, ndr) faceva Lauretta. Ricordo i suoi occhi sorridenti, era così contento di rivedermi". Francesco Meli, considerato uno dei tenori italiani migliori al mondo, debutta domani –e il 18 luglio – alle 21 con "Un ballo in maschera" primo dei due titoli verdiani in programma: il secondo è La Traviata. Con due titoli il Maggio s’insedia nella Cavea, l’ampio, bellissimo teatro all’aperto sul tetto dell’edificio e una vista mozzafiato su Firenze. Sul podio il maestro Carlo Rizzi a dirigere alcuni dei grandi interpreti verdiani dei nostri giorni come, appunto, Francesco Meli, Krassimira Stoyanova, Carlos Álvarez.
Meli, "solo" due recite del Ballo in Maschera: che ne pensa?
"E’ un’ opera che ho cantato tantissime volte in quasi dieci anni. La prima, a Parma al mio primo festival Verdi nel 2011. E’ un’opera che mi piace molto dove ho anche un ruolo che amo: ho studiato tanto prima e cantato tanto dopo. Tornare in scena con il “Ballo“ è rimettere in moto il bagaglio culturale che mi porto dietro, elaborato e sostanzioso".
La prima volta in forma di concerto nella Cavea del Maggio.
"Per fortuna sono riusciti a recuperare 2 recite sulle 4 previste in questo luogo straordinario con un’acustica meravigliosa. L’altro giorno che abbiamo cominciato a cantare ho detto a Pereira che la Cavea si potrebbe usare molto di più. E’ un posto quasi mistico e c’è spazio per fare l’opera".
Giovane e molto considerato: Meli quanto conta il carattere?
"Tanto, e io sono considerato un rompiscatole. Anche se certo non arrivo con il naso all’insù, e lo dico senza presunzione. Ma sono uno di quelli a cui non va bene tutto e non ha l’esigenza di essere amico di tutti. Voglio che in teatro si tenga un comportamento adeguato, più di una volta ho fatto sfuriate in palcoscenico a gente che magari parlava dietro le quinte: è questione di rispetto".
A chi può dire di essere riconoscente?
"A chi ha segnato profondamente la mia carriera, e non è una solo una sensazione ma è palese: il Maestro Riccardo Muti. A lui devo il mio percorso soprattutto nell’opera verdiana. E’ stato fondamentale per entrare nella scrittura di questo immenso compositore e per capire lo studio dell’opera. I punti interrogativi proliferano nelle nostre vite professionali. Ma un vero maestro come Muti ci mette contro le erbe infestanti".