LUDOVICA CRISCITIELLO
Cronaca

La guida turistica diventa animatore per lo staff della nave da crociera in quarantena

Firenze, la storia di Francesco, che si è occupato dei lavoratori di una "love boat" sbarcati in Toscana allo scattare del lockdown e ospitati in un hotel del capoluogo

Francesco Silei. Sullo sfondo lo staff della nave da crociera ospite nell'hotel

Firenze, 15 luglio 2020 - Era il 1984 quando John Deacon, bassista dei Queen scrisse I want to break free, canzone che avrebbe riportato la band al terzo posto della hit parade, dopo aver creato però scandalo a causa del video musicale in cui i membri del gruppo cantavano vestiti in abiti femminili.

Siamo ad aprile 2020, al Demidoff Country Resort a Firenze, in piena emergenza Covid. A cantare e ballare questa canzone è Francesco Silei, guida e accompagnatore turistico in Toscana, per convincere i membri dell’equipaggio di una delle navi di Costa Crociere, rimasti bloccati in Italia, a uscire fuori sui balconi delle loro stanze. Dove sono stati “costretti” ad alloggiare per circa due mesi, a causa della pandemia di Coronavirus. Parliamo di un’ottantina di persone che lavorava a bordo della nave, tutti stranieri, indiani e soprattutto sudamericani.

I membri dello staff in quarantena si affacciano al balcone
I membri dello staff in quarantena si affacciano al balcone

Ed era lì che si trovavano quando a marzo è scattato il lockdown su tutto il territorio nazionale per il contenimento del Covid19. Tutti a casa, dunque, senza poter uscire tranne che per fare la spesa o per motivi di lavoro, debitamente certificati.

La pandemia infuria. È un fulmine a ciel sereno perché si ferma tutto il mondo. Da quel giorno fino a poco tempo fa, migliaia di persone sono rimaste qui in Italia. Compresi anche tutti coloro che in quel momento erano a bordo di una nave per trascorrere una vacanza o perché membri dell’equipaggio.

Alcuni membri dello staff della nave ospiti a Firenze
Alcuni membri dello staff della nave ospiti a Firenze

Le compagnie si sono ritrovate a dover fare i conti con una situazione difficile, come quella di condurre le operazioni di sbarco dai vari porti italiani nel rispetto di tutte le norme di sicurezza. Passeggeri ed equipaggio sono stati così trasferiti in alcune strutture alberghiere a Firenze e a Pisa, nel caso di passeggeri provenienti dal porto di Piombino.

In attesa della fine del lockdown e anche, nel caso di stranieri, della diplomatic clearance, ovvero di un’autorizzazione speciale al rientro nei loro paesi che è avvenuta e continua ad avvenire in tempi diversi a seconda dello Stato. Una situazione inaspettata e paradossale, soprattutto per chi da un giorno all’altro si è ritrovato a dover vivere in isolamento in una stanza senza poter vedere nessuno, almeno all’inizio, per scongiurare qualsiasi rischio di infezione.

E poi bloccato in un paese straniero, senza sapere come e quando ci sarebbe stato un ritorno a casa. Ecco che allora la compagnia ha un’idea, e cioè chiedere ad alcuni accompagnatori turistici di “riadattare” il loro lavoro alle circostanze, ovvero offrire un supporto un po’ diverso, a tratti anche originale, a queste persone.

«All’inizio stavo nelle reception dell’albergo, potevo parlare con loro solo tramite il telefono interno, almeno nei primi quindici giorni». – Racconta Francesco, che parla inglese, spagnolo e francese ed è stato chiamato dall’agenzia marittima Medov che lavora con Costa Crociere e recluta accompagnatori e guide.

«La prima cosa che ho fatto è stata presentarmi e parlargli un po’ di me, invitando loro a fare lo stesso. Poi in un secondo momento ho provato a capire come stavano vivendo quel momento drammatico». Francesco è anche dottore in psicologia e da un anno lavora come accompagnatore e guida in Toscana.

«Ho provato a immedesimarmi nei loro panni. C’era chi era preoccupato per la sua famiglia, per il lavoro, di non poter tornare nel proprio paese o anche di farvi ritorno, visto che la situazione in India e in America Latina ha iniziato a peggiorare in un secondo momento».

E poi ecco che entrano in scena i Queen. «Ho visto che molti si erano aperti anche perché c’era un gran bisogno di parlare. Allora ho pensato a qualcosa di più divertente e attivo. Un giorno gli ho dato appuntamento alle 17, dicendogli di uscire sul balcone delle loro camere. Sono andato con delle casse e gli ho messo "I want to break free" a tutto volume. Mi sembrava attinente al momento e ho iniziato a battere le mani e a ballare».

E così giorno dopo giorno si è cercato di dare anche un senso a tutto quello che era successo. “Per invogliarli, usavo l’effetto sorpresa. Quindi, prendendo le dovute precauzioni, lasciavo un bigliettino attaccato sulla busta del pranzo, che gli arrivava in stanza, per dirgli che li attendevo a un determinato orario sul balcone per fare qualcosa insieme. Un giorno ho incollato sulle buste una stampa della Venere di Botticelli. E quando sono usciti fuori, gli ho parlato di del quadro, proprio come se fossimo negli Uffizi».

Finita la quarantena e fatti i tamponi, bisognava aspettare che il paese di provenienza desse l’ok per il rientro, che è avvenuto a spese di Costa Crociere. Nel frattempo però era anche possibile uscire dalle stanze. «Dopo il Demidoff mi hanno spostato a un altro albergo a Pisa, dove ho ritrovato anche alcuni degli ospiti di Firenze che qui avevano la possibilità di uscire dalle stanze e trascorrere un po’ di tempo nel giardino dell’hotel».

Quello che è successo è che, mentre alcuni uscivano volentieri, altri non riuscivano a lasciare le stanze. Prevaleva la paura del mondo esterno. «Allora ho rifatto qui quello che avevano già fatto nell’altro hotel, creare fiducia prima con le telefonate, poi con gli appuntamenti sul balcone, finché un bel giorno me li sono ritrovati in giardino, dove abbiamo iniziato a fare delle passeggiate e a parlare, mantenendo sempre la giusta distanza. Alla fine ho avuto anche un invito di matrimonio da uno di loro che adesso è in India perché alla fine poi sono stati tutti rimpatriati».

Lo stesso è successo a Christian de Cesaris, accompagnatore turistico che ha lavorato all’ iH Hotels Roma Z3, dove sono state ospitate circa centotrenta persone tra passeggeri ed equipaggio. Sul campo da più di trent’anni, ha risposto ben volentieri alla chiamata di Medov. «Il fatto di parlare tante lingue è stato sicuramente il fattore chiave perché gli ospiti avevano bisogno di parlare e di farlo ovviamente nella loro lingua».

Racconta Christian: «Io sono stato in contatto con loro praticamente tutto il giorno, cosa che faccio quotidianamente quando lavoro per soddisfare tutte le esigenze. In questo caso si è cercato anche di ‘coccolare’ queste persone con piccole attenzioni, come quella, ad esempio, di cucinare il riso basmati ai mauriziani perché loro, per cultura, mangiano solo questo tipo di riso».

Piccole cose, è vero, ma in tempi di Covid sono state soprattutto queste a creare un legame con il posto in cui ci si è trovati. Proprio come è avvenuto per tutte queste persone che, al ritorno nei loro paesi, non si sono dimenticate né di Francesco, né di Christian, né soprattutto dell’Italia.