
L’abbraccio in occasione del Convegno ecclesiale in cattedrale e allo stadio nel novembre di dieci anni fa. A Barbiana, nel 2017, la riabilitazione definitiva di don Milani e "il suo modo esemplare di servire il Vangelo".
C’è un’immagine che più di altre è rimasta cristallizzata nella memoria di chi c’era: Papa Francesco che dal finestrino dell’elicottero saluta i quarantamila, fiorentini e non venuti, per incontrarlo alla messa al Franchi il 10 novembre 2015 in occasione del Convegno ecclesiale nazionale. Un frammento di memoria che riaffiora nitido nel momento del lutto, del dolore che però deve trasformarsi in speranza di un futuro migliore. Qui, ora e dopo. A Firenze e dintorni Papa Francesco, nei suoi dodici anni di pontificato, è stato tre volte: il 10 novembre 2015, appunto, per aprire i lavori del Convegno ecclesiale nazionale “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo“; il 20 giugno 2017, a Barbiana per il cinquantesimo anniversario della morte di don Lorenzo Milani, una visita che ha sanato definitivamente una ferita già in parte rimarginata, ma ancora aperta; il 10 maggio 2018 a Loppiano per rendere omaggio al Movimento dei Focolari, riunito nella sua cittadella, sulle colline di Incisa in Valdarno, territorio della diocesi di Fiesole.
I fiorentini lo hanno atteso invano una quarta volta, prima annunciata e poi revocata per "un problema al ginocchio" il 27 febbraio 2022 in occasione del Convegno dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo. Alla messa in Santa Croce lo avrebbe incontrato volentieri anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla prima visita ufficiale del suo secondo settennato, ma salute del pontefice a parte qualcosa non funzionò, causa pare l’invito non gradito ai lavori del convegno laico di rappresentanti istituzionali di una multinazionale produttrice anche di armi. Forse il Vaticano se ne accorse tardi, forse il carattere focoso del Santo Padre si manifestò in tutta la sua intransigenza, in concomitanza con l’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Putin: di sicuro i colloqui mediterranei oraganizzati dalla Cei presieduta dal cardinale, marradese, Gualtiero Bassetti, non vennero menzionati neppure all’Angelus da piazza San Pietro, nel quale il Papa apparse in discreta forma e non dimenticò di salutare una comitiva parrocchiale di un paesino del profondo nord.
Tolto questo momento di grande gelo, in una domenica d’inverno peraltro particolarmente fredda, resta la gioia di aver potuto vedere da vicino Francesco nel pieno delle forze. Memorabile il discorso alla chiesa italiana riunita in Cattedrale la mattina del 10 novembre di dieci anni fa: "Nella cupola di questa bellissima Cattedrale è rappresentato il Giudizio universale. Al centro c’è Gesù, nostra luce. L’iscrizione che si legge all’apice dell’affresco è “Ecce Homo”. Guardando questa cupola siamo attratti verso l’alto - disse per poi aggiungere - Siamo qui a Firenze, città della bellezza. Quanta bellezza in questa città è stata messa a servizio della carità! Penso allo Spedale degli Innocenti, ad esempio. Una delle prime architetture rinascimentali è stata creata per il servizio di bambini abbandonati e madri disperate. Spesso queste mamme lasciavano, insieme ai neonati, delle medaglie spezzate a metà, con le quali speravano, presentando l’altra metà, di poter riconoscere i propri figli in tempi migliori. Ecco, dobbiamo immaginare che i nostri poveri abbiano una medaglia spezzata. Noi abbiamo l’altra metà. La Chiesa madre ha l’altra metà della medaglia di tutti e riconosce tutti i suoi figli abbandonati, oppressi, affaticati. Il Signore ha versato il suo sangue non per alcuni, né per pochi né per molti, ma per tutti". Una giornata indimenticabile, con l’abbraccio alle persone con disabilità riunite alla Santissima Annunziata e il pranzo alla vicina mensa della Caritas, prima dell’abbraccio collettivo nella messa allo stadio Franchi. Più tardi, nell’omelia, Francesco mandò una carezza a Firenze ed ai carcerati, che insieme ai ragazzi di Villa Lorenzi, avevano contribuito a realizzare.
A Barbiana, due anni dopo, l’abbraccio con il popolo di don Milani e la preghiera sulla sua tomba: "Non posso tacere che il gesto che ho oggi compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo Vescovo, e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. Dal Card. Silvano Piovanelli, di cara memoria, in poi gli Arcivescovi di Firenze hanno in diverse occasioni dato questo riconoscimento a don Lorenzo. Oggi lo fa il Vescovo di Roma. Ciò non cancella le amarezze che hanno accompagnato la vita di don Milani, ma dice che la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa". Così a Loppiano, con i saluti sulle note struggenti di “Resta qui con noi“ dei Gen Rosso. Altro momento di commovente bellezza.