BARBARA BERTI
Cronaca

Franco Zeffirelli, mio padre: "Per anni l’ho chiamato maestro. Poi quell’incidente con la Lollo..."

Il figlio e presidente della Fondazione: "Con lui mezzo secolo di esperienze incancellabili. Voleva una famiglia tutta sua. La Fiorentina? Il secondo posto del 1982 non gli è mai andato giù" .

Il figlio e presidente della Fondazione: "Con lui mezzo secolo di esperienze incancellabili. Voleva una famiglia tutta sua. La Fiorentina? Il secondo posto del 1982 non gli è mai andato giù" .

Il figlio e presidente della Fondazione: "Con lui mezzo secolo di esperienze incancellabili. Voleva una famiglia tutta sua. La Fiorentina? Il secondo posto del 1982 non gli è mai andato giù" .

"La Fondazione è l’eredità che ha lasciato al mondo, ai fiorentini e anche a me". Pippo Zeffirelli, figlio adottivo di Franco Zeffirelli non ha dubbi: il maestro e la sua arte sono unici così come lo è il museo di piazza San Firenze.

Pippo, quando ha incontrato per la prima volta il maestro?

"Poco prima del suo famoso incidente stradale del febbraio 1969. Era in auto con Gina Lollobrigida e Gian Luigi Rondi e stava andando a vedere una partita della Fiorentina. A causa dell’incidente non riuscì a recarsi di persona alla cerimonia degli Oscar, era candidato il suo ‘Romeo e Giulietta’. All’epoca stavo facendo il servizio militare in Marina, a La Spezia. Durante una licenza andai a Roma a trovare mio cugino che era assistente del regista Mauro Bolognini. Lui me lo presentò. Il maestro mi disse che sarebbe venuto a La Spezia per farmi delle foto, poi ci fu l’incidente. Scoprii l’accaduto dalla tv e decisi di scrivergli una cartolina per augurargli la pronta guarigione. Qualche tempo dopo, ero in licenza nella mia Sicilia, quando arrivarono le foto che il maestro mi aveva fatto. Così andai a trovarlo e conobbi la sua famiglia".

Ricorda la prima volta che andò a casa sua?

"Sì, ci saranno state oltre 200 persone: attori, attrici, registi, produttori. Io ero appassionato di cinema, da bambino la domenica andavo al cineforum organizzato dalla parrocchia. Quel mondo mi aveva sempre affascinato, ma ritrovarmi a parlare con tutti quei personaggi fu scioccante".

Quando ha iniziato a lavorare con lui?

"Dopo il militare. Lui stava preparando ‘Fratello sole, sorella luna’: dopo aver rischiato di morire sulla Rolls Royce della Lollobrigida fece voto a San Francesco di dedicargli un film. E mi chiese di fargli da assistente. In pratica gli tenevo il copione".

Da allora non ha più smesso...

"Con ‘Gesù di Nazareth’ ho iniziato anche a occuparmi della ricerca di figuranti per piccoli ruoli, come assistente alla regia. In un attimo sono volati 50 anni insieme al maestro, anni meravigliosi in cui si sono susseguite esperienze incancellabili".

Un ‘dietro le quinte’ di tanti anni di set?

"Ce ne sono tantissimi. Il film ‘Gesù di Nazareth’ inizialmente non voleva neppure farlo, accettò con la clausola: ‘solo se trovo il Gesù giusto’. Si presenta Robert Powell per il ruolo di Giuda: il maestro si sofferma su un primo piano dell’attore, lo sguardo magnetico di Robert lo colpisce: aveva trovato ’il Gesù giusto’. Per quella produzione arrivarono a Roma tanti artisti. Anne Bancroft addirittura si propose, chiedendo se c’era una parte per lei e così divenne Maria Maddalena".

Per un periodo lei ha lavorato lontano dal maestro?

"Nel 1981 parto per l’America per il matrimonio di mia sorella, ma poi mi trattengo per più di vent’anni. In quel periodo ho lavorato con Francis Ford Coppola al film ‘Cotton Club’, mi occupavo del casting per i ruoli minori. Ho conosciuto James Ivory, stava lavorando a ‘Camera con vista’, mi scelse come assistente alla regia".

Franco Zeffirelli che padre è stato? O lo chiamava babbo, alla toscana?

"È stato padre e mentore. Ma per tanto tempo mi sono rivolto a lui chiamandolo maestro. Solo nel momento dell’adozione, nel 1999 (ha adottato anche Luciano, ndr), ho smesso di dargli del lei. Voleva avere una famiglia tutta sua. Era una meraviglia di persona, come le cose belle che ha fatto nel suo lavoro. Era gentile e generoso con tutti, magari con gli attori e i registi era più critico e duro. Un uomo simpatico, ironico, un vero fiorentino".

Uno strano legame quello tra il maestro e Firenze?

"Il suo cuore è sempre rimasto qua, per lui Firenze era la città più bella del mondo. È stato partigiano, lo sanno tutti, ma soprattutto è stato amato dai fiorentini che lo amano ancora. Amano l’uomo e l’artista che ha fatto tanto per la cultura: il lascito in questo suo museo dice tutto. Tempo fa si è presentato un visitatore fiorentino che mi ha detto: ‘Sono sbalordito da tutta questa arte in una sola persona, non credevo fosse così geniale’".

Altro amore del maestro: la Fiorentina.

"Un amore viscerale, da tifoso autentico nutriva una forte rivalità con la Juventus. Quel secondo posto nel 1982 non gli è mai andato giù".

Cosa direbbe ai giovani d’oggi Zeffirelli?

"Il maestro, con le sue opere, ha sempre voluto e cercato il dialogo con i giovani a cui direbbe che per raggiungere il successo bisogna impegnarsi, studiare, rimboccarsi le maniche. Adesso che non c’è più il suo rapporto tra i giovani e le arti dello spettacolo passa attraverso il museo che ha voluto aprire. In questi primi due mesi dell’anno abbiamo avuto oltre 600 studenti in visita: i ragazzi conoscono poco il mondo di Zeffirelli, avvicinarli è importante".

Qualche tempo fa Olivia Hussey e Leonard Whiting hanno fatto causa alla Paramount per diversi milioni di dollari sostenendo di aver fatto una scena di nudo da minorenni durante le riprese del film ‘Romeo e Giulietta’ del 1968. Cosa ne pensa?

"Quel film ha vinto due Oscar, arriva dopo il successo a teatro dove per primo il pubblico inglese scopre e s’innamora del maestro. Era solo una scena d’amore più che casta, siamo negli anni ‘60, e la censura era fondamentale. I ragazzi erano minorenni e naturalmente avevano il consenso dei genitori per fare questo film. Hanno fatto causa alla Paramount che ha dato loro torto in tutte le fasi del giudizio. Ma il cinema è anche questo".