Ilaria
Ulivelli
Si sono incontrati. L’archistar Massimiliano Fuksas ha visto il sindaco Dario Nardella per parlare del futuro di Firenze e di un possibile coinvolgimento della sua matita nell’urbanistica, nella progettazione di una porzione di città.
Architetto, avete parlato anche del restyling dello stadio Franchi?
"Oddio, questa ormai è una fissazione. Con me il sindaco Nardella dello stadio non ha mai parlato. L’ultimo stadio che ho progettato per Firenze è quello che ho fatto per la famiglia Della Valle e che mi dispiace molto non aver visto realizzare. Tenevo moltissimo alla Nuvola".
Lei è pronto a dare una mano al nuovo Rinascimento di Firenze?
"A Firenze sogno finalmente di lasciare una traccia della mia vita. Partecipo con gioia, per cancellare un ritorno con l’amaro in gola per la cosiddetta Nuvola mai realizzata. Ora c’è un’altra occasione e sarò li, stavolta per portare in fondo il progetto".
Quale?
"Progettare un quartiere post Covid e farlo vivere insieme alla cultura. Non un quartiere isolato ma cucito nel contesto della città, dove ci siano case a misura di smartworking e smartlearnig, quindi più grandi. Lo vorrei progettare imparando dal passato per guardare al futuro. Senza rifare l’errore che fanno in molti, e che ammetto di avere fatto anche io, di dimenticare il passato".
Come cambieranno architettura e urbanistica delle città dopo il Covid?
"La prima cosa che si è scoperta è che non abbiamo più bisogno di tutti questi uffici: si può lavorare e con maggiore profitto non propriamente in un ufficio. La casa deve cominciare a cambiare, non per diventare un ufficio, ma avendo spazi maggiori sia per studiare sia per lavorare. Ci devono essere i giardini, i negozi. Con i modelli americano e francese abbiamo smantellato il commercio di prossimità".
C’è un habitat da ricostruire...
"Assolutamente. Bisogna pensare alla ricucitura della periferia. Ricreare una trama di città. Con quei mostri di super centri commerciali abbiamo svuotato di funzioni la città. Ci sono tre punti fondamentali. Il primo: ripensare a un habitat umano, nella città ci si deve vivere. Il secondo: più spazio alla cultura. Il terzo: le città devono produrre economia".
E le città d’arte, le città turistiche, come devono ripensarsi?
"Stiamo assistendo alla grande crisi alberghiera e dei ristoranti, un vero disastro. La monocultura tipicamente turistica dev’essere completamente ripensata, anche perché devasta le città d’arte rendendole invivibili. Probabilmente non siamo ancora pronti per uscire totalmente dalla sudditanza. Ma abbiamo raggiunto la consapevolezza della bellezza del nostro Paese e degli italiani. Ripartendo da questo si può ricominciare un rapporto diverso, più giusto con il turismo".
E’ però complicato nel nostro Paese costruire opere nuove...
"Il sistema di regolamentazione urbanistica che utilizziamo è vecchissimo. Bisogna uscire dalle logiche del piano regolatore e di regolamenti edilizi troppo vincolanti a destinazioni d’uso di cose che non esistono più".
Ma chi decide?
"Bisogna ridare centralità al ruolo della politica. Non si possono affidare le decisioni ai funzionari che devono prendersi responsabilità troppo grandi e prima di un sì ci pensano mille volte perché rischiano processi".
Però è in arrivo il decreto Semplificazioni...
"Come tutte le leggi in materia edilizia a ogni semplificazione si producono decine di complicazioni. Bisogna ripensare l’urbanistica, la divisione delle aree urbane. Una cosa che tocca anche Firenze. E’ necessario e vedere la città come un tutt’uno con il suo centro storico superando le vecchie zonizzazioni. Senza regole che diventino camicie di forza. Valorizzando l’architettura contemporanea".
Un esempio?
"Nel nostro progetto dedicato al centro storico di Sofia abbiniamo l’archeologia con un’idea progettuale di chiesa, metropolitana e i conventi. Bisognerà ricucire tutto. Rendendo pedonale la gran parte del centro di Sofia per poterlo vivere".