DUCCIO MOSCHELLA
Cronaca

Gambelli tende la mano ai giovani: "Protagonisti di fatti violenti per mancanza di prospettive"

L’arcivescovo alla sua prima omelia nella Veglia: "C’è la tentazione di cedere alla legge della forza piuttosto che ricorrere alla forza della legge. Siamo immersi in un’ideologia che diffonde paura".

L’arcivescovo Gherardo Gambelli accende il ’fuoco nuovo’ sul sagrato del Duomo, all’inizio della Veglia di Pasqua

L’arcivescovo Gherardo Gambelli accende il ’fuoco nuovo’ sul sagrato del Duomo, all’inizio della Veglia di Pasqua

"Anche nella nostra città registriamo purtroppo fatti violenti in cui si cede alla tentazione della legge della forza, piuttosto che ricorrere alla forza della legge. Episodi che non di rado vedono protagonisti i giovani che soffrono per la mancanza di prospettive e di orizzonti per il loro futuro. Raccogliamo la sollecitazione di Papa Francesco che ci esorta a preoccuparci per loro “Non possiamo deluderli: sul loro entusiasmo si fonda l’avvenire”": nella sua prima Veglia di Pasqua da arcivescovo, monsignor Gherardo Gambelli, non è rimasto indifferente di fronte all’ultima ondata di violenza in città, culminata con l’agguato dell’Isolotto. La prospettiva però è di speranza, iniziando dal credere che la resurrezione "non è la rianimazione di un cadavere, ma l’inizio della trasformazione del mondo".

L’arcivescovo Gherardo inizia dal "contemplare l’atteggiamento di Pietro" come lo presentano le Letture. "Il suo cammino è segnato da tre tappe in un viaggio di andata e ritorno dalla sua casa al sepolcro. In un primo momento si alza e corre, giunto al sepolcro si china e vede i teli, infine torna indietro meravigliato per quanto è accaduto".

"Alzarsi - continua monsignor Gambelli - significa per noi oggi imparare a prendere coscienza del fatto che siamo immersi in un’ideologia consumista che tende a diffondere nel mondo paure e diffidenza per rinchiuderci nell’individualismo e spingerci a fare sempre nuovi acquisti. Questo ci conduce spesso a dimenticare che la vera ricchezza è quella delle relazioni". Infatti anche qui vicino a noi, ci sono persone che con la loro vita annunciano la resurrezione: "un prete settantenne che parte per la missione in Congo, una comunità di famiglie che ospita profughi dall’Afghanistan e dalla Siria, chi ogni giorno amorevolmente si prende cura di un bambino malato o di una persona disabile solo per fare qualche esempio di tanto bene che non fa rumore".

Il secondo verbo, chinarsi, significa secondo l’arcivescovo, "curvarsi sulla Parola di Dio, che ci aiuta a conoscere chi è veramente Dio".

Infine il terzo verbo, tornare indietro, pieno di meraviglia, "richiama l’atteggiamento del figliol prodigo", che ritorna in sé dopo aver sofferto fame e povertà. "Inizia qui per lui, come per Pietro, un cammino di conversione. Come viene sottolineato nel Documento finale del Sinodo: “Viviamo in un’epoca segnata da disuguaglianze sempre più marcate, da una crescente disillusione nei modelli tradizionali di governo, dal disincanto per il funzionamento della democrazia, da crescenti tendenze autocratiche e dittatoriali, dal predominio del modello di mercato senza riguardo per la vulnerabilità delle persone e della creazione, e dalla tentazione di risolvere i conflitti con la forza piuttosto che con il dialogo". Compresi quelli fra bande, appunto, come all’Isolotto.