BARBARA BERTI
Cronaca

Generazione Z in pericolo: "Uccidono senza rendersi conto. Hinterland a rischio banlieue"

Il sociologo Scalia: "Violenza giovanile in aumento perché la società è sempre più aggressiva. I ragazzi di oggi non riescono più a distinguere il mondo reale da quello virtuale".

Il sociologo Scalia: "Violenza giovanile in aumento perché la società è sempre più aggressiva. I ragazzi di oggi non riescono più a distinguere il mondo reale da quello virtuale".

Il sociologo Scalia: "Violenza giovanile in aumento perché la società è sempre più aggressiva. I ragazzi di oggi non riescono più a distinguere il mondo reale da quello virtuale".

"L’hinterland fiorentino come le banlieue parigine? Al momento no ma il rischio c’è se si deteriore ulteriormente il tessuto sociale e aumentano le marginalità. Ma non solo qui. Sono a rischio le periferie delle grandi città come Milano, Torino, Bologna, Palermo e Napoli". È il pensiero di Vincenzo Scalia, professore associato di Sociologia della devianza presso l’Università degli Studi di Firenze.

Professore, il 17enne ucciso a Campi è soltanto l’ultimo episodio di criminalità giovanile. Come spiega questo fenomeno in crescita?

"È più corretto parlare di violenza giovanile. Ma facciamo un passo indietro. Si ricorda quest’estate l’immigrato schiacciato più volte con il Suv da una donna che era stata rapinata? Ebbene viviamo in una società sempre più violenta e i giovani d’oggi rispecchiato questa realtà. Se gli adulti, che dovrebbero essere un modello di riferimento, mostrano questa tendenza all’aggressività, alla brutalità, è inevitabile che le nuove generazioni percepiscano tale violenza. Inoltre i cambiamenti della società influenzano molto".

Come?

"Prima la socialità erano quattro chiacchiere con gli amici al bar, una chitarra per fare gruppo, una serata al cinema. Oggi la socialità dei giovani è votata al bere sfrenato, allo sballo a tutti i costi. Mancano i filtri di una socialità sana. A questo si aggiunge l’esuberanza giovanile incrociata con la rabbia diffusa in tutto il tessuto sociale e si ha una crescita della violenza minorile. Sempre più ragazzini con i coltelli in mano? Non dimentichiamo che vedono gli adulti con le armi da fuoco".

Ma come è possibile arrivare a uccidere un coetaneo?

"Perché non si rendono conto. Capiscono solo dopo quello che hanno fatto, cioè spezzato una vita e compromesso la propria. Ma nel momento pensano che brandire un coltello in mano sia una cosa da ’duri’".

Per questo sui social si mostrano con armi, alcol e droghe?

"Sì, non riescono a distinguere il reale dal virtuale. Non sono contrario ai social ma all’uso che ne viene fatto. Pur essendo strumenti di connessione spesso si trasformano in arene di bullismo, umiliazione pubblica e sfide pericolose. O peggio ancora: alle cronache rimbalzano casi di giovani che fanno video mentre stuprano in gruppo una ragazza, mentre picchiano il malcapitato di turno. Perché? Per avere qualche like in più, per provare quel brivido, quella scossa di adrenalina che li fa sentire ’dei grandi’. La condivisione virale di video di risse e pestaggi, spesso ripresi dagli stessi protagonisti, amplifica il senso di accettabilità sociale della violenza, trasformandola in uno spettacolo. E pure chi è ’solo’ spettatore invece di chiamare i soccorsi, filma. Ciò è il risultato di una società sempre più individualista e votata al voyeurismo dove l’apparire e l’assistere hanno più valore di essere e agire".

Spesso gli episodi si registrano in periferia: perché?

"Forse perché non sappiamo cosa succede in qualche villa o festa altolocata. Comunque, le periferie sono terreno fertile. In molto casi le zone periferiche sono diventate quartieri-dormitorio, aree dove le diseguaglianze proliferano e creano distanze sociali ancora più significative di quelle geografiche. Prima i ragazzi giocavano a pallone sotto casa e anche il barista li controlla perché conosceva le famiglie, poi c’erano le Case del popolo che erano un punto di ritrovo dei giovani. Oggi cosa c’è? Niente, si assiste al disinvestimento dei luoghi di aggregazione. Altro fattore è la questione migratoria: i figli di stranieri si sentono ’diversi’ perché non hanno uno status sociale e giuridico rispetto ai coetanei italiani. Spesso, poi, per la società sono trasparenti".

Cosa fare?

"Servono nuovi modelli di integrazione altrimenti il problema non si risolverà a breve. Ma al di là di italiani o stranieri, istituzioni, associazioni di volontariato e tessuto sociale dovrebbero unire le forze per elaborare strategie per distogliere i giovani dalle attività distruttive e autodistruttive. L’esperienza delle Unità di strada, l’attivazione di progetti assistenza alla socializzazione sono esempi da seguire".