
Giaccone ha diretto il centro oncologico della Georgetown University
Firenze, 2 aprile 2019 - QUANDO è arrivato, a fine dicembre, aveva promesso che non si sarebbe arreso alle prime difficoltà. Anzi, aveva detto che avrebbe resistito fino in fondo e avrebbe alzato bandiera bianca solo al momento delle minacce di morte. Che, pure, non sono arrivate. Ma lui si è dimesso, tornerà a dirigere il centro oncologico della Georgetown University di Washington. Il professor Giuseppe Giaccone, oncologo di fama internazionale, rientrato in Italia dopo trent’anni di ricerca e clinica all’estero (Olanda e Stati Uniti) ha lasciato Careggi e l’Università di Firenze che per lui aveva predisposto una chiamata diretta.
«E’ ora di trarre le fila di questa vicenda fiorentina – ha scritto al direttore generale di Careggi e al rettore Luigi Dei – Ci avevo veramente sperato molto. Purtroppo le condizioni in cui l’oncologia medica si trova sono in stallo: non penso di poter lavorare serenamente, né di costruire un centro di eccellenza. Per cui con questa email vi offro le mie dimissioni».
Una lettera amara, arriva al termine di un periodo complicato. Un mese fa, ci aveva provato anche il governatore Enrico Rossi a ricomporre il quadro per tentare di portare avanti il progetto di realizzare un polo oncologico a Careggi che potesse realizzare un percorso unico per tutti i pazienti. Ma non è stato bastevole. I rapporti si erano già logorati: i professionisti di Careggi si erano sentiti quasi umiliati dall’atteggiamento del prof Giaccone. Non tollerava che la chemioterapia venisse fatta in vari reparti e soprattutto a Radioterapia. «Dà noia che ogni volta che chiamano un signor chiunque, pur blasonato che sia, vengano sminuiti i professionisti che con sacrificio e in mezzo a mille difficoltà ogni giorno mandano avanti il servizio – aveva detto il direttore della Radioterapia, prof Lorenzo Livi – Il professor Giaccone, a parte nella riunione al suo arrivo, nei reparti non si è più visto. Non si è mai presentato dai direttori delle Sod per spiegare il suo progetto. Magari è una questione di carattere».
Il matrimonio non è riuscito. A Careggi non è facile inserirsi, in molti se ne sono andati dopo un primo complesso approccio. Ma non è neppure impossibile, qualcuno ce la fa.
«Mi rendo conto che parecchie cose sono state iniziate (nuove assunzioni e borse di studio) e che queste mie dimissioni creeranno problemi – scrive il prof da Washington – Sono disponibile a discuterne, se pensate che ci possano essere alternative valide che possano essere di qualche utilità. Lascio a voi la decisione, se siete interessati».
In realtà, sia l’Università sia Careggi non hanno preso benissimo la decisione di Giaccone di lasciare tutto così. Il rettore Dei risponde subito: «Avrò modo di chiarire tutti gli aspetti di questa lunga e tortuosa vicenda nella lettera in cui accoglierò le tue dimissioni – spiega il rettore Dei nella sua risposta a Giaccone – Le nostre regole, sicuramente criticabili, impongono che una lettera di dimissioni da professore ordinario debba pervenire in pdf al protocollo indirizzata al rettore posta pec».
Non insisteranno Careggi e Università per trattenerlo. Giaccone conclude la sua lettera con alcune indicazioni. «Il progetto di rilancio dell’oncologia medica al Careggi, in assenza di una definizione con la radioterapia, richiederà un lavoro molto piu lungo del tempo che io ho davanti. Ci ho provato e vi ringrazio della vostra disponibilità. Spero che le cose vadano per il meglio, nonostante tutto».