REDAZIONE FIRENZE

Giacomo Leopardi al Vieusseux: "Il legame con gli amici di Toscana"

Il presidente Nencini ricorda il periodo fiorentino del poeta che in tv ha fatto il boom di ascolti

Il presidente Nencini ricorda il periodo fiorentino del poeta che in tv ha fatto il boom di ascolti

Il presidente Nencini ricorda il periodo fiorentino del poeta che in tv ha fatto il boom di ascolti

Leopardi sperimentò a Firenze una vita di intense relazioni il cui tramite principale fu Gian Pietro Vieusseux. Le sue frequentazioni ci fanno capire che, nonostante il grande talento letterario, era un uomo e, come tale, aveva pregi e difetti. Parola di Riccardo Nencini, presidente del Gabinetto Vieusseux di Firenze, circolo caro al poeta di Recanati, come è stato raccontato in ’Leopardi – Il poeta dell’infinito’ la miniserie evento diretta da Sergio Rubini, andata in onda nei giorni scorsi facendo il pieno di ascolti.

La fiction, ripercorrendo la vita del grande poeta, porta il pubblico anche a Firenze dove Leopardi stringe il suo sodalizio con il fascinoso patriota napoletano Antonio Ranieri, che si offre di fargli da agente, e conosce Fanny Targioni Tozzetti, la donna più bella e sensuale della città, di cui si innamora perdutamente. E soprattutto frequenta ’gli amici di Toscana’, ovvero gli intellettuali ’alla corte’ del mercante ginevrino che nel 1819 fondò il gabinetto scientifico-letterario e nel 1821 l’’Antologia’, la rivista che divenne autorevolissima portavoce del liberalismo moderato e progressista.

"E dove Leopardi pubblicò una prima versione delle ’Operette morali’" precisa Nencini ricordando che "il Vieusseux era il circolo letterario più importante d’Italia e il più importante a livello europeo per le riviste che ancora oggi sono conservate in sala Ferri, a Palazzo Strozzi. Ma a quei tempi la sede era al secondo piano di Palazzo Buondelmonti, in piazza Santa Trinita".

Al Vieusseux Leopardi conobbe molti degli intellettuali che si riconoscevano nel progetto dell’’Antologia’: Gino Capponi, Giovanni Battista Niccolini, Pietro Colletta, Niccolò Tommaseo e anche Alessandro Manzoni, che si trovava a Firenze per rivedere dal punto di vista linguistico i suoi ’Promessi Sposi’. "Dalle carte, confermo che Leopardi era un tipo che non le mandava a dire. Del Manzoni ha scritto che lo trovava al di sotto delle aspettative, giudizio ancora peggiore quello recapitato all’amico Pietro Brighenti: ’fa tanto rumore ma vale poco’. Solo nel 1828 cambia leggermente opinione e dei ’Promessi sposi’ scrive che gli piacciono nonostante i tanti difetti" racconta ancora Nencini.

Oltre al noto rapporto conflittuale con Tommaseo, il poeta di Recanati aveva un rapporto conflittuale anche con la città. "Non espresse un giudizio ottimo di Firenze perché come molti viaggiatori trovava la città sporca" dice Nencini ricordando che però l’attività creativa a Firenze fu ricchissima, "qui furono pubblicati i ’Canti’ dall’editore Piatti nel 1831" la cui prima edizione fu accompagnata dalla dedica ’agli amici di Toscana’.