
Lo scrittore, poeta e cantautore Gio Evan oggi a Firenze per presentare il suo libro ’Le chiamava persone medicina’
C’è un senso di artigianalità ed empatia profonda in ogni cosa che fa Gio Evan, scrittore, poeta, cantautore, performer e street artist, mille cose insieme alle quali oggi si aggiunge un nuovo ’figlio’: ’Le chiamava persone medicina’ (Rizzoli, 2025), libro che oggi (ore 18) sarà presentato al Libraccio di via de’ Cerretani. La storia attraverso le figure di una nonna e del nipote - "lei un po’ somiglia alla mia nonna vera, un po’ a quella che ho avuto ‘in prestito’ da bambino, mentre quel bambino sono io" -, celebra l’antica saggezza della montagna e il valore della lentezza.
Chi sono le sue "persone medicina"? Ognuno di noi ha o dovrebbe averne una?"Tutti le abbiamo ma non sappiamo identificarle. Sono quelle persone che ti alleggeriscono il percorso e il quotidiano, fosse anche solo un attimo del tuo pomeriggio. Persone che ti facilitano l’intorno e il tuo accanto che diventa così d’ispirazione per la meraviglia, ti aiutano a partecipare attivamente alla vita. Il contrario di quelli che si chiamano ‘vampiri energetici’. Io di persone medicina ne sono pieno. Vengo da una solitudine robusta, da un’attenta selezione. Le persone che ho raccolto nella mia vita sono tutte persone che ogni volta non vedo l’ora di vedere".
In un mondo che parla la lingua della frenesia, dell’egoismo, dell’intelligenza artificiale lei cammina controvento: ha mai sentito la fatica?"No. Io vivo nel reparto del piccolo, il mio è un mondo a passo d’uomo, a portata di cuore. Lì dove vivo io, vista Monti Sibillini, quel che accade nei campi adiacenti dove adesso si stanno potando gli olivi è il nostro termometro, la nostra informazione. Io ho scelto la montagna per una questione di sincronia".
Lei parla di lentezza, eppure la sua vita suggerisce ritmi frenetici tra libri e concerti…"Questo dualismo della mia vita è la parte che rende salutare il mio percorso. Essere un eremita invece non è salutare perché perdi la connessione con la società. E invece è bello sapere a che punto siamo, a quale guerra o piace siamo. Entrare a contatto col mio pubblico è una buona riconnessione con l’umanità che stimo molto".
Ha definito Evanland, il suo evento di luglio ad Assisi, "il raduno dei buoni", la "terza pace mondiale": troppa ambizione oppure è tutto possibile?"Non solo è tutto possibile, tutto è già e sta accadendo. Dipende dalla tua scelta. Se per te è solo guerra, così è. Ma se tu vivi in pace, tu vibri in quella frequenza e chiunque passi accanto a te può coglierlo. La pace non può essere utopia, è un lavoro che ognuno fa su sé stesso, diventa memoria della pelle, dello sguardo. ‘Sii curioso e non giudicante’, ce lo insegnano da cinque-semila anni".